1860, ALESSANDRO BLASETTI

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Baba1989
view post Posted on 22/7/2011, 12:38




1860 (Italia, 1934)
Un film di Alessandro Blasetti. Con Giuseppe Gulino, Aida Bellia.

1860blasetti


Nel novembre 1926 le Leggi eccezionali costringono le organizzazioni politiche antifasciste a varcare la frontiera nel tentativo di ricostituirsi oltre i confini e proseguire la battaglia contro il regime; questa emigrazione produrrà un raggruppamento di forze antifasciste, in Francia come in altri paesi europei, reso ben saldo da una maggiore attenzione riservata agli aspetti organizzativi e di coesione, laddove il primo antifascismo aveva un carattere prettamente spontaneo, fondato su iniziative spesso rischiose.
Derivava proprio da un generico richiamo alla tradizione garibaldina di lotta per la libertà il fenomeno delle Avanguardie garibaldine, sorte in Francia nel 1923, tramutate poi in Legioni garibaldine nel '24, e che si proponevano un intento quantomai velleitario: organizzare una spedizione di volontari in Italia, che avrebbe poi dovuto fomentare una più vasta rivolta contro la dittatura, proprio sull'impronta del volontarismo risorgimentale. Una spedizione che non avverrà mai, una vicenda conclusasi con un pesante insuccesso ed un grave smacco per gli antifascisti europei, ma anche un esempio utile a dare la misura della suggestione ispirata dal mito di Garibaldi e da quanto poteva essere trascinante il richiamo agli ideali dello stesso.
Nello scenario politico, la lotta per "appropriarsi" della figura di Garibaldi fu sempre molto accesa; il personaggio, spesso accostato a Mazzini, compariva nella pubblicistica del PRI o di Giustizia e Libertà, i contenuti sociali della sua azione venivano esaltati dai socialisti, e nel 1935, in seguito al VII Congresso del COMINTERN, anche il PCI acquista il mito dell'eroe dei due mondi sostenendo che il popolo italiano, erede della tradizione garibaldina e figlio di grandi patrioti, deve essere pronto a combattere l'imperialismo e l'oppressione. Così, in questo contesto, nel 1932, anche il 50° anniversario della morte di Garibaldi si svolse tra due fuochi; il fronte antifascista italo-francese che proponeva un filo conduttore tra gli ideali di libertà e fratellanza dell'89 e quelli del Risorgimento, e la necessità per il regime di appropriarsi di questa figura e inquadrare la stagione risorgimentale in un'epopea precorritrice del fascismo, un momento fondamentale che creò libertà preparando il terreno per la grandezza, la nascita di una nazione che il Fascismo avrebbe trasformato in Impero (a questo proposito il monumento ad Anita, inaugurato proprio in occasione dell'anniversario, è un esempio fulgido di come si cercasse di politicizzare in una certa direzione il passato risorgimentale: la rappresentazione della guerriera, a cavallo, viene "fascistizzata" dall'inserimento di Menotti, appena nato, sostenuto dalle braccia della donna; un evidente richiamo alla politica mussoliniana e al topos tutto fascista della vocazione materna). Mussolini capì subito l'importanza di creare un parallelo fra sè e l'eroe della nazione, fra le camicie nere e quelle rosse, fra i due nazionalismi; e questo destava non poca preoccupazione nell'ambiente antifascista, dove si temeva di vedere Garibaldi eletto a vessillo di un totalitarismo.


Nel periodo fascista la produzione filmica fu scarsa; ma "1860" di Alessandro Blasetti (1934) rappresenta senz'altro un momento (se non il momento) importante, sia che lo si guardi come un film puramente storiografico, o populista, o neorealista, o fascista.
Già dalle prime inquadrature si assiste ad un quadro in disfacimento, un'Italia in rovina, oppressa: il montaggio, in funzione drammatica, indugia sin dal principio sull'aspetto cardine del film, la massa contadina, la sua condizione, i suoi ritmi. I campi lunghi che mostrano la campagna, apparentemente luoghi idilliaci, spazi di luce, vasti, sono interrotti dal passaggio della fanteria, l'esercito che avanza implacabile, il primo evidente contrasto del film, primordiale: debolezza/forza.
La realtà contadina in "1860" è protagonista, ma si delinea con pazienza: la stessa pazienza che scandisce lo stile di vita di questi lavoratori, che non si lamentano mai, sembrano accettare la loro condizione, in attesa di un cambiamento. Dunque Blasetti inserisce alcuni "luoghi" fondamentali della politica fascista: dal ritratto dei contadini rassegnati e lavoratori, esempio e modello a favore del blocco dell'emigrazione dalla campagna alla città; dalla figura del sacerdote, una delle rare voci che emergono dalla massa, che distribuisce speranza, conforto, rappresentando un po' il legame, recentemente inaugurato dai Patti, tra religione e patria; fino al motivo dello straniero oppressore che ostacola la grandezza del popolo italiano, questa xenofobia velata, ma sentita. Una serie di richiami che certamente influenzavano l'opinione pubblica, che con tutta probabilità sapeva ben poco della realtà storica del Risorgimento e che che non si stupisce di quanto vede nel film, poichè le situazioni proposte nella pellicola rientrano perfettamente nel modo di pensare (al presente e al passato) degli anni '30. Se dunque "1860" fu prodotto senza sovvenzioni governative, splendido film non catalogabile come propagandistico, è vero anche che l'adesione al regime è chiara, e si sublima nel finale, poi tagliato nell'edizione del '51, in cui si dipinge il parallelismo tra le camicie rosse e le camicie nere. Un riflesso del momento in cui il film vede la luce.
"1860" si dipana per contrasti: ho già evidenziato il binomio evidente ma non per questo trascurabile di forza/debolezza, oppressione/rassegnazione; nondimeno è interessante esaminare la coppia oppositiva silenzio/parola.
Tra i contadini non si parla praticamente mai, non soltanto perchè gli sia proibito parlare, ma anche perchè non c'è davvero più nulla da dire; morte, dolore, affrontati con un mutismo che è più tagliente di ogni parola; l'Italia è ridotta al silenzio dallo straniero, il paese viene privato addirittura della campana, non ha più voce; la recupera solo nel finale (qualcuno grida "Garibaldi dice che abbiamo fatto l'Italia").
Si sentono invece le voci degli oppressori, sfrontate poichè lingua straniera in Italia: gli svizzeri parlano non curandosi del fatto che nessuno li capisce, gli svizzeri parlano come se fossero a casa propria, e questo è un oltraggio (lo si percepisce soprattutto durante il viaggio in continente di Carmeliddu). Il contrasto tra silenzio e parola però, nel momento in cui Carmeliddu intraprende la sua missione che lo porterà sino a Genova, diventa spia di un contrasto di più ampio respiro, quello tra città e campagna, cioè tra nord e sud: la Sicilia è bianca, polverosa, assolata, aperta, silenziosa, ubbidiente; il Nord è scuro, rumoroso, polemico. In Sicilia tutto è molto elementare, la fede, il lavoro, la speranza; a Nord invece si polemizza, si discute, ci si interroga. Si delineano due poli contrapposti, uniti solo da un nemico comune e che per questo devono sublimarsi, il coraggio dei poveri siciliani muti che hanno bisogno di un sostegno forte, e i mezzi dei settentrionali, che si perdono in troppe divagazioni e hanno bisogno di una mano ferma che agisca.
La figura che fa da collante a queste due Italie è ovviamente Garibaldi, che tuttavia nel film rimane sempre una presenza distante, più una voce che un corpo. In effetti nel film non seguiamo mai le vicende di un protagonista, l'unico che emerge nella seconda parte del film è appunto Carmeliddu, che però è bel lontano dall'essere eroico: innanzittutto compie il viaggio solo perchè gli è stato assegnato un compito e deve ottemperarlo, ed inoltre più che un vero personaggio risulta essere un "occhio", un testimone che ci permette di vedere cosa accade nel continente, quasi una metafora dello spettatore. E così non ci identifichiamo con nessuno, ma seguiamo gli eventi dall'esterno, e soprattutto seguiamo la battaglia nel suo complesso, concitatamente, seguiamo una massa indeterminata, dapprima indisciplinata, poi sempre più compatta, raccolta attorno al suono d'una tromba, attorno ad una canzone, una bandiera.
Il film di Blasetti è un film sul Risorgimento prodotto nel Fascismo, è realistico, è borghese, è documentaristico, è oggettivo, ma è anche eroico, un racconto di liberazione, un viaggio: è una pellicola che condensa due tendenze, il film avventuroso con il dato storico, sempre gettando un occhio alla situazione contemporanea; le inquadrature, spesso sporche, danno l'impressione che si stia filmando la storia, ed è una storia simile a quella degli anni '20 del '900, come afferma lo stesso Blasetti:

«Il film in due parole vuol essere questo. Evocare l'atmosfera del 1860 per molti aspetti simile a quella del 1920-1922. Torrenti di chiacchiere, torre di Babele politica, incoscienza della immanente rovina di ogni possibilità di unione della patria. Nuclei isolati di patrioti e di ribelli muti, decisi, votati alla morte resistono nella fiducia di un Uomo che convoglierà le loro forze e altre ne attirerà fatalmente quando porterà la realtà politica attuale dal campo della discussione a quello dell'azione». (Alessandro Blasetti, in Adriano Aprà, Confidenze di Blasetti ("1860"), in Alessandro Blasetti, Scritti sul cinema, a cura di Adriano Aprà, Venezia, Marsilio, 1982)

La conclusione quindi è il trionfo, l'unione. Il miracolo.
 
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view post Posted on 27/7/2011, 23:57
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Sapiente Malizioso
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Ho letto con molta attenzione la tua magnifica recensione, anzi, vista la bellezza, direi relazione. Non riesco a capire se il film potrebbe, in qualche modo, esser di mio interesse, ma di certo lo è la tua impeccabile "spiegazione". Si può guardare come documentario e ci siamo, ma è una visione pesante?
 
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Baba1989
view post Posted on 28/7/2011, 18:34




Non è un film appetibile nel senso comune del termine :)
E' un film molto interessante e stimolante se visto come punto di partenza di una parabola cinematografica ben definita, quella riguardante la nostra storia; è uno dei primi esperimenti di cinema sonoro, è un film "politicizzato", quindi ha un suo valore intrinseco..
 
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2 replies since 22/7/2011, 12:38   122 views
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