MEMORIE DAL SOTTOSUOLOFedor Dostoevskij
1864Sono un uomo malato, un uomo cattivo, un uomo sgradevole.
"Sono un uomo malato... Sono un uomo cattivo. Un uomo sgradevole. Credo di avere mal di fegato. Del resto, non capisco un accidente del mio male e probabilmente non so di cosa soffro. Non mi curo e non mi sono mai curato, anche se rispetto la medicina e i dottori. Oltretutto sono anche estremamente superstizioso; be', almeno abbastanza da rispettare la medicina. (Sono abbastanza colto per non essere superstizioso, ma lo sono.) Nossignori, non voglio curarmi per cattiveria. Ecco, probabilmente voi questo non lo capirete. Be', io invece lo capisco. Io, s'intende, non saprei spiegarvi a chi esattamente faccia dispetto in questo caso con la mia cattiveria; so perfettamente che neppure ai medici potrò "farla" non curandomi da loro; so meglio di chiunque altro che con tutto ciò nuocerò unicamente a me stesso e a nessun altro. E tuttavia, se non mi curo, è per cattiveria. Il fegato mi fa male, e allora avanti, che faccia ancor più male!”(incipit di “Memorie dal sottosuolo”).
E’ una delle tante opere che Dostoevskij scrisse dopo la sua terribile esperienza della deportazione in Siberia, raccontata poi in seguito in “Memorie della casa dei morti”.
E’ un libro molto intimista, una profonda indagine sulla parte più buia e recondita della psiche umana, quella parte che noi tutti tendiamo a nascondere perché piena di sentimenti oscuri che vorremmo nascondere a noi stessi per sempre.
E’ stata una lettura emotivamente molto difficile per me(l’incipit in se stesso già ti distrugge…una vera botta di ottimismo e di positività, non c’è che dire), mi sono quasi completamente identificata nelle emozioni del protagonista, ho rivissuto con lui le stesse ansie, le stesse paure, gli stessi tormenti(in fondo io e Dostoevskij siamo molto simili, entrambi due anime passionali, tormentati e fortemente emotive).
Il suo lungo monologo è un lungo profluvio di sentimenti e di emozioni che ti travolgono come un fiume in piena e dal quale non riesci più a emergere.
Non è per tutti, è necessaria di una certa tranquillità emotiva per affrontarlo, altrimenti si rischia di rimanerne sconvolti.
Davvero molto poetica la seconda parte intitolata “A proposito della neve fradicia” che si apre con questa toccante poesia di Nekrasov:
A PROPOSITO DELLA NEVE FRADICIA Quando dalle tenebre dell'errore
Con parole d'ardente persuasione
Io trassi la tua anima caduta
E piena di profonda sofferenza,
Torcendoti le mani, tu esecrasti
Il vizio che ti aveva raggirata;
E quando, castigando col ricordo
La coscienza di labile memoria,
Tu raccontavi a me tutta la storia
Di quanto era accaduto nel passato,
E poi, nascosto il viso fra le mani,
Sopraffatta da orrore e da vergogna,
Indignata, sconvolta, tu piangesti...
Eccetera, eccetera.