AGOTA KRISTOF

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Amélie Verne
view post Posted on 28/2/2013, 18:39




AGOTA KRISTOF (Csikvánd, 30 ottobre 1935 – Neuchâtel, 27 luglio 2011)

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Agota nasce nel 1935 in un piccolo paesino dell'Ungheria, Csikvánd, senza telefono, elettricità, acqua corrente.
Il padre è maestro di scuola, la madre casalinga, la loro è una vita umile e modesta.
Agota impara presto a leggere e i libri diventano i suoi amici più fedeli, il suo cibo quotidiano, li divora. Una bambina povera ma che vive felice la sua semplice vita di campagna.
E poi il primo distacco, il primo abbandono, che la segnerà profondamente: l'entrata in collegio. E da questo momento che Agota inizia a scrivere. E' il dolore a spingerla verso la scrittura. Inizia tenendo un diario segreto e scrive poesie, nel buio della notte.
Gli anni del collegio saranno anni di lacrime, per l'infanzia perduta, per la lontananza da casa; saranno anni duri, quelli che lei stessa definirà non amati.
Nel 1956, in seguito ai moti di Budapest e all'occupazione delle armate rosse, fugge in Svizzera col marito e la sua bambina, una neonata di pochi mesi, legata sulla schiena.
Si stabiliscono a Neuchatel, dove Agota troverà lavoro in una fabbrica di orologi (il lavoro in fabbrica ripreso in uno dei suoi libri: Ieri).
L'arrivo in un paese nuovo, sconosciuto, in cui si sente estranea è per lei il distacco più doloroso della sua vita. Non perdonerà mai al marito di averla costretta ad abbandonare il proprio paese e questo sarà causa di separazione tra i due.
Adesso deve ricostruire i pezzi della propria esistenza a cominciare dalla lingua. E una sfida per lei imparare il francese.
Dopo 30 anni vissuti in Svizzera scriverà: Parlo il francese da più di trent'anni, lo scrivo da vent'anni, ma ancora non lo conosco. Non riesco a parlarlo senza errori, e non so scriverlo se non con l'aiuto di un dizionario da consultare di frequente. E' per questa ragione che definisco anche la lingua francese la mia nemica. Ma ce n'è unaltra di ragione, ed è la più grave: questa lingua sta uccidendo la mia lingua materna.
La vita in Svizzera è un dolore per lei il lavoro in fabbrica la deprime, il francese le resta sconosciuto e ostico è in questa sofferenza che Agota trova la forza per scrivere e nella scrittura riesce a riscattarsi.
A 27 torna sui banchi di scuola e in soli due anni consegue il certificato di studi. Adesso i libri tornano ad essere i suoi più fedeli compagni; legge Rousseau, Voltaire, Sade, Faulkner, Steinbeck, Hugo, Hemingway
Il francese è diventata la sua lingua adottiva, quella con cui ha reimparato a leggere e quella con cui scriverà tutti i suoi libri
Agota Kristof ci lascia il 27 luglio 2011, dopo una lunga malattia.


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"Tornerò a casa.
Fuori gli alberi urleranno, ma non mi faranno più paura, e neanche le nuvole rosse, né le luci della città.
Tornerò a casa, una casa che non ho mai avuto, o troppo lontana perché me ne ricordi, perché non era, non è mai stata veramente casa mia.
Arrivata a casa sarò stanca, mi distenderò sul letto, un letto qualunque, le tende ondeggeranno come ondeggiano le nuvole.
Così il tempo scorrerà via,
E, sotto le mie palpebre, scorreranno le immagini di quel brutto sogno che fu la mia vita.
Ma non mi faranno più male.
Sarò a casa mia, sola, vecchia e felice".
(Da La vendetta).

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Bibliografia:

1988: “Quello che resta” (che divverà poi “Il grande quaderno”, il primo volume che compone “Trilogia della città di K”) edito da Guanda, Milano.

1989: La prova”, edito da Guanda (secondo volume che compone “Trilogia della città di K”).

1998: “Trilogia della città di K”(“Il grande quaderno”, “La prova”, “La terza menzogna”) edito da Einaudi.

1999: “La chiave dell’ascensore. L’ora grigia”, Einaudi.

2002: “Ieri”, Einaudi.

2005: “La vendetta”, Einaudi
“L’analfabeta. Racconto autobiografico”, Edizioni Casagrande.

2006: “Dove sei Mathias?”, Edizioni Casagrande.


Brevi commenti alle opere:


TRILOGIA DELLA CITTA DI K
: pubblicato inizialmente in tre volumi: Il grande quaderno, La prova, La terza menzogna.
Mi riesce difficilissimo, come per ogni libro che amo incondizionatamente, scrivere commenti o giudizi Trilogia potrei definirlo unico. Una storia di dolore e atrocità dipinta dai colori della menzogna ma ancora più crudele nel palesarsi di quell’aspra verità finale. Un racconto di guerra, abbandono, solitudine, povertà. Un finale tra i più potenti e dolorosi che abbia mai letto. Uno stile asciutto ma tagliente e perfetto come il bisturi di un chirurgo.

IERI: In Ieri la Kristof riprende alcuni temi fondamentali della propria vita: l’abbandono del proprio paese, la difficoltà del lavoro in fabbrica, l’attesa, il dolore, la solitudine, e anche l'amore
Soldini ne ha tratto un film (Brucio nel vento). Lo consiglio? Nì. Il tutto è stato reso molto bene tranne il finale, completamente stravolto (la Kristof criticò aspramente l’adattamento cinematografico per questo).

L'ANALFABETA: E un breve libro autobiografico. Qui Agota si racconta. Dall’infanzia ad oggi. Il paesino, la bambina povera ma felice che era, la fuga in Svizzera, il dover imparare una nuova lingua, e la sua passione intramontabile: la scrittura.

LA VENDETTA: Piccolo librino che contiene 25 brevi racconti. Ricorrono, come sempre, tutti i temi della Kristof: il dolore, l’abbandono, la solitudine
Vi riporto un passaggio di quello che ho apprezzato maggiormente: Il ladro di appartamenti:
"Chiudete bene la porta. Io arrivo senza rumore, con le mani guantate di nero.
Vengo solo per alcuni istanti, ma sette sere su sette e in tutte le case senza eccezione.
Non sono il tipo brutale. E neppure vorace e stupido.
La mattina, quando vi svegliate, contate i vostri soldi, i gioielli, non mancherà niente.
Nient'altro che un giorno della vostra vita"...


LA CHIAVE DELL’ASCENSORE L’ORA GRIGIA: Tutti i suoi libri, tranne Trilogia, sono brevissimi, e questo non fa eccezione. Sono due brevi pièces incentrate sulle amarezze della vita, sull’ineluttabilità dello scorrere del tempo, sull’infelicità (ancora tutti i temi della Kristof).

DOVE SEI MATHIAS?: Due brevi racconti. Il primo immerso in un’atmosfera onirica e surreale tale da rendere labili i contorni tra sogno e realtà, in cui ricorrono temi già presenti in Trilogia.
Il secondo è una pièce che parla dell’amore, di quell’amore che giunge però quando oramai è troppo tardi.
 
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