JOHN ERNST STEINBECK

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private eye
view post Posted on 16/7/2009, 23:52




JOHN STEINBECK (27 febbraio 1902 - 20 dicembre 1968, USA)

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Non si può definire certo peculiare, in Steinbeck, la scelta di identificare quale centro d'interesse e oggetto d'indagine delle sue opere l'essere umano; la quasi totalità degli scrittori, infatti, ne ha scandagliato, chi con minore e chi con maggiore pudore, le ombre e le profondità, i vizi e le virtù.
Al contrario se non proprio unico, certamente raro è il modo in cui John sceglie di raccontare l'uomo, fedele non soltanto al compito a cui sente di dover adempiere in quanto scrittore ma primariamente alla sua morale d'uomo: la lente che egli maneggia non può fare a meno di mettere costantemente a fuoco una dimensione più ampia di quella su cui direttamente punta; a poco vale circoscrivere il focus ai singoli personaggi dal momento che essi, che sono unici come lo è ogni essere umano e dotati di personalità e tratti fortemente caratteristici, non sono mai soli: l'occhio del lettore (per una precisa volontà dell'autore che diventa regista invisibile) vaga e scivola, lento, fuori dalla vicenda specifica verso la coralità di una dimensione generale, sconfinata quanto il mondo atemporale.
Ed è proprio in una siffatta dimensione che il dolore di una famiglia di disperati, costretta ad emigrare dall'Oklahoma, diventa il dolore di ogni emigrato in ogni tempo; solo all'interno di affreschi congegnati con grande cura (misurati per incastrarsi, in una visione generale dell'opera dell'autore, allo stesso modo delle tessere di un variopinto mosaico) come sono quelli di Steinbeck, l'aspirazione ad un pezzo di terra di una coppia di braccianti può acquistare un sapore simile a quello di un comune desiderio di appartenenza, che è parte integrante della natura umana.
In questa dimensione biblica le scelte degli individui, caratterizzate da molteplici nature, finiscono per avere un'eco immenso, capace di attraversare le dimensioni dello spazio e del tempo, di fondere e confondere presente, passato e futuro, vicino e lontano (non esiste più la Califonia con i suoi monti ed i suoi fiumi che fa da sfondo a quasi tutti i romanzi steinbeckiani; non esiste la Norvegia de "La luna è tramontata"), universalizzando ciò che è particolare.
Sui palchi che Steinbeck imbastisce per ambientarvi delle scelte che sono banali solo in apparenza, non può che ripetersi, come all'interno di un eterno circolo (in una visione che ha qualche richiamo a Nietzsche?), la scelta umana tra Bene e Male, tra peccato e virtù; tale concetto viene perfettamente sintetizzato nell'interpretazione che Steinbeck preferisce dare del termine ebraico Timshel (nel suo capolavoro "La valle dell'Eden"): la vittoria dell'uomo sul peccato non avverrà perché così è scritto o per imposizione, bensì per una scelta fatta dall'uomo stesso e per il suo impegno nel portarla avanti ("thou mayest rule over the sin").
Ed è proprio l'universalità l'elemento che consente ai romanzi di Steinbeck di mantenersi ancora estremamente attuali (benché vi siano state in passato, e vi siano tutt'oggi, grandi difficoltà a riconoscerlo); e così sarà anche nel futuro, come lo è stato all'epoca della loro prima pubblicazione.
Steinbeck non si è limitato a raccontare delle vicende, non è stato mero affabulatore ma profeta del passato e insieme del presente e del futuro dal momento che le scansioni temporali hanno perso, nella sua produzione, gran parte del loro originale significato.
Per lui, inoltre, la scrittura non poteva prescindere dall'impegno sociale (un chiaro esempio di questo sono le sue tre opere più celebri: "Uomini e topi", "Furore", "La battaglia"), dalla ricerca della verità, dalla fedeltà al dovere e dall'inseguimento, mai vano, della rettitudine, tanto all'interno della sfera personale e domestica quanto di quella pubblica e sociale.
In conclusione Steinebeck è stato indubbiamente uno dei più efficaci cronisti del Novecento (e cronista in senso stretto lo fu davvero durante diversi conflitti bellici) che ha saputo fare un ritratto perfetto dell'uomo e dell'umanità, sempre valido poiché muta e si adatta, e lo ha fatto attraverso uno stile spesso ironico ma soprattutto delicato.

© Tutti i diritti riservati

1962 Premio Nobel per la letteratura

ROMANZI/RACCONTI

SPOILER (click to view)
1929 - Cup of Gold: A Life of Sir Henry Morgan, Buccaneer, With Occasional Reference to History - La Santa Rossa
1932 - The Pastures of Heaven - I pascoli del cielo
1933 - The Red Pony - Red pony
1933 - To A God Unknown - Al Dio sconosciuto
1935 - Tortilla Flat - Pian della Tortilla
1936 - In Dubious Battle - La battaglia
1937 - Of Mice and Men - Uomini e topi
1938 - The Long Valley - La lunga vallata: racconti
1939 - The Grapes of Wrath - Furore
1941 - The Forgotten Village
1942 - The Moon Is Down - La luna è tramontata
1945 - Cannery Row - Vicolo Cannery
1947 - The Wayward Bus - La corriera stravagante
1947 - The Pearl - La perla
1950 - Burning Bright
1952 - East of Eden - La valle dell'Eden
1954 - Sweet Thursday - Quel fantastico giovedì
1957 - The Short Reign of Pippin IV: A Fabrication - Il breve regno di Pipino IV
1961 - The Winter of Our Discontent - L'inverno del nostro scontento
1962 - Travels with Charley: In Search of America - Viaggio con Charley
1976 - The Acts of King Arthur and His Noble Knights - Le gesta di re Artù e dei suoi nobili cavalieri, postumo

TEATRO

SPOILER (click to view)
1937 - Of Mice and Men - (Uomini e topi)
1942 - The Moon Is Down - (La luna è tramontata)
1954 - Pipe Dream (commedia musicale ispirata a Quel fantastico giovedì)


Edited by LordDunsany - 17/7/2009, 09:10
 
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view post Posted on 17/7/2009, 07:57
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Sapiente Malizioso
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Innanzitutto grazie per aver esordito.. ^_^ questa tua analisi è molto bella e ben scritta (ora aggiungo magari alcuni dati), me la sono letta tutta d'un fiato. Ora il mio meno benevolo e ben più prosaico e commento.
Autore che ho ovviamente sfiorato nei miei anni di lettore, benchè la letteratura statunitense, con dovute eccezioni, non mi faccia impazzire. Condivisibile quello che dici, ma a mio parere ha un paio di difetti che non me lo fanno amare: perchè portare sempre in rilievo le connotazioni sociali? Forse il più grande maestro del ventesimo secolo per quanto riguarda la capacità di percezione del sociale, ma ho sempre avuto l'impressione leggendolo che il maestro entrasse in aula per iniziare la lezione, il tutto nascosto nella sua narrazione apparentemente semplice e lineare. Seconda cosa: non c''è nulla da fare, sarà colpa del traduttore, sarà colpa del mio gusto personale, ma il suo modo di scrivere (o come vien tradotto in italiano) non mi avvince per niente.
Non lo trovo elegante, nè tantomeno avvincente, forse troppo sinistrorso. Ultima cosa: come mai le sue storie (almeno per quel che ho di lui letto) si riducono sempre alla grande dicotomia bene/male? E' sempre abbastanza evidente e porta ad una "scontatezza" dello svolgersi degli eventi. In definitiva, indubbie le sue doti, lodevolissime le sue intenzioni, attuali gli argomenti trattati, ma non proprio il mio autore preferito.
 
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view post Posted on 17/7/2009, 19:29




E' stato un piacere aprire questo topic non solo per il mio amore viscerale per l'autore ma anche per il fatto che, avendo recentemente recuperato alcuni titoli che ancora mi mancavano (a causa della difficile reperibilità), sentivo la necessità di elaborare uno sguardo d'insieme aggiornato sulla sua produzione ^_^.

Innanzitutto è bene non dimenticare, approcciandosi a Steinbeck, quale fosse la sua vera e originaria vocazione: egli era prima di tutto uno scienziato (ha studiato come biologo marino senza però conseguire la laurea) e solo secondariamente uno scrittore. Nonostante questo ha saputo inventare uno stile, a volte singolarmente brutale e disilluso, ma sempre e comunque delicato, pieno di sottintesi, chiaro, semplice, ma non semplicistico, e lineare. Secondo una mia personale visione egli scriveva soprattutto per capire sè stesso, gli uomini, la società; scriveva per dispiegare la realtà, per sezionarla (in questo si ritrova lo scienziato) nel tentativo di dissipare l'oscurità, di gettare un brandello di luce anche nelle tenebre più fitte. Confesso che in lui mi riesce difficile scorgere un'intenzione didattica: è possibile rendersi conto di questo attraverso gli scritti che esulano dalla sua produzione propriamente letteraria (quali lettere o riflessioni, alcuni delle quali sono state recentemente raccolte nella bella opera "L'America e gli americani e altri scritti"). Con Steinbeck è l'uomo che scrive: egli non si sforza di nascondere né i suoi dubbi (bellissime a tal proposito le lettere che accompagnano la genesi e i progressi de "Le gesta di re Artù e dei suoi nobili cavalieri"), né le sue opinioni (indubbiamente anche politiche) né la sua bellissima fede atea, che è fede nell'uomo; era curioso ed integerrimo insieme (e questo connubio spiega efficacemente le inchieste romanzate di "Furore" e de "La battaglia), sia come autore che come uomo.

Fonte di piacere, almeno per me, nonché valore aggiunto nelle sue opere, è il fatto che egli, pur schierandosi, non traccia mai in modo netto e immodificabile la linea di demarcazione tra bene e male. La dicotomia esiste (e qui ti rigiro la domanda: non consiste forse in questo l'essenza dell'uomo e del mondo? Riducendo al minimo la natura umana, non si troverà forse che ciò che resta altro non è che il conflitto bene/male, senza che ci sia necessariamente un riferimento religioso?) ma è sfumata, il bene ed il male non sono mai assoluti.

Non si può negare, infine, il fatto che Steinbeck è stato, soprattutto in passato, un autore discusso: all'epoca del Nobel era stato fortemente osteggiato da un nutrito numero di critici. Oggi è semplicemente dimenticato o, tuttalpiù, ridotto a scrittore di opere sociali. Ma la sua produzione (che hai fatto benissimo a riportare ^_^) consta di un notevole numero di opere che non trattano argomenti sociali; sono opere certamente meno conosciute ma altrettanto belle.
A tal proposito sarei proprio curiosa di sapere quali opere hai letto ^_^.

Per quanto riguarda lo stile, invece, non posso dire nulla: se non piace non piace. Nonostante questo, da buon avvocato del diavolo, non posso che invitarti a concedergli la classica seconda opportunità.

^_^
 
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