DUE PARTITE (ITA, 2009) di
Enzo MonteleoneMargherita Buy, Paola Cortellesi, Isabella Ferrari, Claudia Pandolfi, Marina Massiron, Valeria Milillo, Gabriella Pession, Vittoria Puccini
Analisi di un doppio universo femminile: quello degli anni '60, vissuto attraverso le vicende di quattro donne (Gabriella, Beatrice, Claudia e Sofia) che si ritrovano davanti a un tavolo da gioco e, a quarant'anni di distanza, quello delle loro figlie.Di stretta derivazione teatrale il testo non esce mai fuori dalle due stanze di una abitazione e nonostante questo c’è un buon servizio della regia a favore di dialoghi e attrici.
Due sezioni generazionali per un gruppo di amiche, le une negli anni sessanta, le altre, verosimilmente negli anni 90, sono le figlie delle protagoniste del primo quadro.
Mi sembra meglio recitata la seconda parte, le attrici sono molto più realistiche, probabilmente a loro agio, Buy, Cortellesi, Massironi e Ferrari pagano un pochetto la rigidità del tipo, perchè in effetti ognuna di loro incarna un tipo di donna alle soglie dell’emancipazione che verrà e allora qualche tic di troppo, qualche gestualità in più carica un po’ la resa generale, generando legnosità in più punti (e la Cortellesi è troppo "Santachè).
Il testo è un atto di amore nei confronti delle donne, irreversibilmente legate alla loro storia di genere, costrette in ruoli sociali che le soffocano risultano incapaci, se non a tratti, di vedere altro al di fuori di gerarchie e posizioni sociali imposte. C’è un male di vivere che intelligentemente ruota attorno al femminile più puro ossia alla procreazione, ngli anni sessanta un dovere che le ingabbia e che le rende uniche, come un dono dannato, negli anni novanta la liberazione dal corpo si è risolta e quella differenza adesso viene reclamata, un orgoglio quasi nel deserto dell’infertilità (nessuna ha figli, per i motivi più disparati, a volte anche se cercati). Intorno a questo la ricerca continua dell’amore, i rapporti complicati con mariti, amanti, il desiderio di emancipazione, il bisogno del lavoro, la paura del silenzio e del vuoto affettivo.
Trenta anni dopo la rivoluzione si è quasi compiuta, ma il disagio permane, diverso: uomini anaffettivi in maniera non più nascosta, uomini deboli, ruoli che si capovolgono, continua l’impossibilità sociale di essere persona e femmina, il lavoro esclude la procreazione, la memoria ancestrale della famiglia continua a radicarsi nel vissuto femminile.
L’uso delle musiche è troppo telefonato.
VOTO 6,5© Tutti i diritti riservatiEdited by LadyTriffide - 19/5/2009, 19:59