MIO FRATELLO E' FIGLIO UNICO (ITA/FRA, 2006) -
Daniele LuchettiElio Germano (Antonio "Accio" Benassi), Riccardo Scamarcio (Manrico Benassi), Luca Zingaretti (Mario), Angela Finocchiaro (Amelia), Anna Bonaiuto (Bella)
E’ la storia di una famiglia che è quasi metafora di un’italia intera, in preda a facili estremismi, dalla vocazione religiosa, allo squadrismo fascista, al terrorismo comunista.
Il film è molto interessante per i suoi due terzi, molto interessante soprattutto nell’esaminare il sottobosco fascista dell’italietta provinciale, qualcosa di decisamente ignorato e rimosso dalla nostra cinematografia. E qui si scopre una proletaria fetta di popolazione nostalgica della figura del duce e dei suoi simboli, fra virilismo, forza, ordine e azioni violente vissute come sfogo fisico e psicologio (che a me ha fatto molto pensare allo stadio calcistico di oggi, luogo deputato a menar le mani per divertirsi e sfogarsi).
Il protagonista in tutto è Accio, irrequieto figlio minore di una cattolica e operaia famiglia, tutto preso dal desiderio di aiutare gli ultimi e alla loro ricerca, ma anche segnato da un vuoto e una mancanza di attenzione e affetto da parte della madre, innamorata del figlio maggiore, bello e fascinoso, che lo porta a passare dal seminario alla sezione missina, fino ai movimenti comunisti maoisti. E in questo percorso è sempre il fratello, a lui preferito, che in fondo lo segue e lo salva da ogni trappola (esilarante, e molto attuale, la rinuncia al seminario), un legame forte che Accio vive come desiderio e rifiuto. Sicuramente è anche per reazione alla sua figura forte e magnetica che diviene fascista, perchè ne rifiuta il comunismo tacciato di elitarismo e snobismo (eppure è dall’esperienza del padre operaio, dalla storia recente di liberazione e dall’esperienza sulla propria pelle della fabbrica che nasce e si consolida il comunismo del fratello maggiore) e proprio per lui, anche se non solo (che dire delle contraddizioni della destra? Ossequio dei nobili e disinteresse del popolo), smette di esserlo. E con le stesse motivazioni si avvicina al movimentismo comunista, ed è sempre il fratello che sembra allontanarlo da se stesso e da tutto quando la situazione precipita, salvandolo in un certo qual senso. E il desiderio di Accio di soccorrere gli ultimi lo porta poi ad una azione finale individuale e un po’ consolatoria.
Ecco la parte migliore, la vita di famiglia e le figure famigliari sostitutive, la crescita di Accio, gli innamoramenti impossibili, le sezioni missine e quelle maoiste, gli intellettuali improponibili, i dirigenti assenti, gli scontri fra i due schieramenti, soprattutto nei simulacri della cultura. Poi una chiusa veloce e poco motivata, la scelta del terrorismo da parte del fratello maggiore senza un vero perchè, come se ciò fosse un po’ scontato (anni settanta + operaio + comunista= terrorista rosso, un’equazione un po’ frettolosa direi) e il film si sfilaccia, come se avesse perso forza e interesse su ciò che racconta.
Ottimi gli attori, spiccano uno Zingaretti mussoliniano, la Finocchiaro mamma italiana manesca e concreta, e un Germano bravissimo in tutti i ruoli che ricopre.
E’ il primo film con Scamarcio che vedo e mi è sembrato bravo e adeguato.
Segnalo la frase, che alla luce dei sommovimenti politici attuali, mi ha colpito “Al popolo gli si vuol bene, anche se ci sono degli stronzi, non per questo smetti di volergli bene”
© Tutti i diritti riservatiEdited by LordDunsany - 31/5/2009, 02:08