| Consiglio: leggere il libro prima di vedere il capolavoro di Wyler, uno di quei casi in cui da un libro molto bello è stato tratto un film ancora più bello. La storia di Catherine è la storia della ricerca della felicità, un diritto preteso, anelato, voluto anche a fronte dell'inevitabile truffaldina intenzione del bel Morris. Ed è la storia di una violenza privata inflitta dal padre di lei, mai arreso alla mediocrità della figlia, un padre che non regala mai una chance chiuso nella convinzione di aver sempre ragione. Ecco che sul destino dell'amore di Catherine si scatena una lotta fra padre e figlia, il primo che cerca spietatamente di dimostrare di avere ancora una volta ragione sulla natura del sentimento di Morris, il padre ne fa' quasi un punto d'onore , l'altra in rispettosa resistenza al volere paterno. Atroce se vogliamo e anche tristissimo, con il rivelarsi finale del carattere vendicativo di Catherine, una sorta di riequilibrio sulle ingiustizie patite che si dispiega sul padre anaffettivo e sul fidanzato arrivista, una solitaria ultima dimostrazione di esistenza individuale per Catherine, una affermazione del sè negato dai due uomini della sua vita. Come dicevo da vedersi poi il film, strepitosa la De Hallivand, bellissimo Clift, un ruolo un pochino ridimensionato per la zia, una Hopckins sempre in parte (nel libro è vera motrice del rapporto fra i due giovani), e un Richardson che troneggia su tutto e tutti, pacato, inflessibile, ragionevole, ma incapace di sentire le debolezze della figlia, che in fondo non ama perchè non stima.
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