| HARRY POTTER E I DONI DELLA MORTE - J.K. Rowling
Premetto che rimango dell'idea che la Rowling non riesca pienamente a reggere la struttura narrativa e infatti quando questa si complica sono dolori, la prosa è piatta in generale. Ma tanto di cappello alla capacità di penetrazione della sua creazione . Dell'ultimo libro ho preferito la prima parte, per me il finale è pasticciato, statico, a tratti noioso, con tutte quelle spiegazioni della serie "harry fa una domanda e qualcuno risponde per il gentil pubblico che non ha capito" E' evidente che avesse in mente di ammazzare Harry, infatti è molto complesso il meccanismo per farlo sopravvivere, macchinoso direi. Bellissimo l'acceleratore spinto sul razzismo alla base della guerra fratricida, ottima l'idea della sorella di Albus, un po' troppo tirata fuori dal cilindro in fretta, ma insomma. Perchè la sua è una figura centrale: una famiglia oggetto di un delitto "razzialmente" individuabile che reagisce con una politica di "salvezza" per quella categoria che lo ha commesso (a parte il padre che si vendica, ma è importante non il gesto, ma il castigo, la vendetta privata non deve essere ammessa). L'Albus giovane esce fuori con le sue contraddizioni solo qui, non è una scelta equilibrata, ma è il contraltare alla purezza di Harry, Albus e la sua fascinazione per l'equivoco potere della magia rende evidente il pericolo di quel potere, dell'appartenenza alla categoria socialmente giusta. Bella tutta la parte ambientata al ministero della magia, che molto deve alla memoria dell'olocausto e quindi grazie Rowling per le giovani generazioni, che vanno allarmate rispetto ai problemi dei razzismi dilaganti, soprattutto in questo mondo di meticciato diffuso, sempre più debole, sempre più a rischio di violenze.
In questo libro sparisce Riddle, non ha spessore, non ha rilevanza "morale". Eppure era una figura che negli altri libri era la più importante, perchè narrava la genesi del male, ma del male prodotto da una società piena di pregiudizi, di violenze, di mancanza di amore, di volontà di separazione sociale. Peccato.
E peccato per il pochissimo spazio dato a Piton, il mio personaggio preferito. Piton è il personaggio maggiormente dotato di senso a mio parere. Lui rappresenta la possibilità di avere una seconda occasione, è colui che sbaglia e si redime, grande. E' vero che è risolta attraverso un atto d'amore, si innamora e quindi si ravvede dal suo essere mangiamorte, ma è certamente una scelta drammaturgicamente potente, dobbiamo ammetterlo, migliore a livello narrativo di un ripensamento soppesato. Non mi piace quando Harry afferma che Piton è sempre stato di Silente, Piton è sempre stato padrone di se stesso, un agnello sacrificale, coscientemente e volontariamente esposto al disprezzo pubblico. E' per questo che non ho apprezzato la scelta di non aver fatto schierare nessun serpeverde con i buoni al momento della battaglia finale, che una intera categoria non riesca a produrre una figura non allineata alla filosofia purista che regge la casa serpeverde è in contraddizione con l'assunto di base di tutto il libro.
Edited by LadyTriffide - 14/7/2009, 10:26
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