| Ovvero: non pensavo che Wilde potesse suscitare in me tali emozioni.
In questa breve raccolta (che contiene, oltre al racconto che dà il titolo all'opera, Il principe felice e Il pescatore e la sua anima) Wilde non soltanto condensa sapientemente grazia, poesia ed ironia ma sublima ognuno di questi elementi, e la loro somma, nello strazio di profonde riflessioni circa l'Amore e la Morte (Eros e Thanatos), in uno sguardo ossequioso e divertito insieme sull'uomo antico e quello contemporaneo. La prima di queste storie (Il fantasma di Canterville) si apre come la più classica delle storie di fantasmi: nell'Inghilterra ottocentesca lo spirito di un vecchio antenato infesta una grande villa; ma basteranno i nuovi inquilini, una famiglia di spregiudicati americani, ad indurlo a sognare di potersi finalmente abbandonare al riposo eterno. Se da un lato l'inizio si caratterizza per la dissacrante ironia del brillante romanziere irlandese: con spirito, ed un briciolo di perfidia, Wilde si dilunga a narrare le "battaglie" tra il fantasma di Canterville e la famiglia americana; dall'altro il rovesciamento (con grande delizia e turbamento del lettore) che si compie, d'un tratto, nella vicenda è retaggio dello spirito gotico. La trama del secondo racconto (Il principe felice) è certamente nota ai più (ragione per cui non mi dilungherò a raccontarla). Ma è la delicatezza di Wilde ad essere sorprendente (almeno per me); di più temo di non poter dire, senza rischiare di rovinare, anche solo di poco, l'intensità della storia. Il terzo racconto (Il pescatore e la sua anima) è una fiaba a tutti gli effetti, a partire dalla struttura narrativa (la ricorrenza del numero tre, la ripetizione degli incipit) e dai richiami alla leggenda e alla tradizione popolare (le credenze degli abitanti del villaggio riguardo gli abitanti del mare, etc). Memorabili sono soprattutto le descrizioni che l'Anima fa al Pescatore dei luoghi da lei visitati, dal momento che lui l'ha mandata raminga per il mondo. E straordinario è il modo in cui Wilde, attraverso uno stile impersonale soltanto in apparenza, riesca sempre a farsi riconoscere dal lettore, a imporre sé stesso e la sua cultura, nella doppia valenza decadentista ed esteta.
VOTO: 9
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