| A casa di Dio
di David Mitchell 2007 ed. Frassinelli
Da tempo non mi capitava di leggere un romanzo così. A volte ci troviamo in bilico tra il leggere un libro contemporaneo e un classico, non che tutti i contemporanei siano sciapi, ma la maggior parte delle volte sono molto meno densi di un classico, ci rubano meno tempo e meno neuroni, scorrono via più rapidamente.
Anche questo scorre via, è scritto talmente bene che le pagine scivolano, riga dopo riga. Allo stesso tempo siamo noi a correre fra le parole, perché diventa importante avanzare nella storia, andare a scoprire cosa sta per succedere a questo ragazzino.
Jace è uno in gamba, di quelli che non trovano un ruolo all'interno di un gruppo: troppo normale per essere un figo, troppo sveglio per essere uno sfigato. Così fluttua, intanto osserva, annota, desidera, fa.
Il romanzo si dipana esponendo una serie di episodi in cui vengono affrontate diverse tematiche, diverse questioni sociali, diversi fatti storici. Bello sentire raccontare la guerra delle Faulkland e la figura della Tatcher con la drammaticità dello sguardo di un tredicenne. Memorabile per me l'episodio del laghetto, quello della prima citazione di Baz, sono scoppiata in un riso convulso, mia mamma ci è abituata per carità...ma fa sempre un certo che...
Non so se ho letto troppo tra le righe ma io ho letto una citazione eliotiana nel racconto di Mme Crommelynk, ci ho ritrovato le atmosfere di Portrait of a lady.
Assolutamente pregno ed edificante il capitolo conclusivo, apprezzabile che alla fine di un romanzo ci sia il coraggio di tirare le somme e valutare il cambiamento.
Dicevo appunto perché leggerlo? Perché è un libro contemporaneo, con la leggerezza e la scorrevolezza del caso, ma nutre l'anima con la semplicità e la sincerità con cui ritrae il mondo.
Piccola chicca, meravigliosa la scena del bacio, anch'io avrei voluto un primo bacio così.
voto 7
|
Un bambino che fa da tramite per i fatti che accadono non é molto accattivante, almeno per me 