DIALOGHI D'ANIMALI (1904) di
ColetteIn questo breve romanzo, che ha più il respiro di un testo teatrale (l'aspetto visivo delle scene viene liquidato brevemente all'apertura di ogni capitolo), Colette immagina le "bestiali" riflessioni dei propri animali domestici (un gatto ed un cane), redigendo dialoghi illuminati di un'intelligenza che, tanto fine e sensibile, spesso non appartiene nemmeno alla specie umana.
L'autrice costruisce i suoi protagonisti a partire da credenze comuni, al limite dello stereotipo: se da un lato non si dà pena di nascondere la predilezione che nutre per il carattere più gioviale di Toby (perché sono i cani ad essere creduti più socievoli), che immagina amorevolmente devoto a tutto ciò che la riguarda; dall'altro, nell'autocompiacimento di Kiki per le bellezze della sua razza (che egli crede superiore a tutte le altre) si intuisce in lei il rispetto geloso e guardingo che le donne riservano alla proria rivale.
E' bene precisare, però, come questi stereotipi costituiscano soltanto un punto di partenza: attraverso uno stile personalissimo, delicato e passionale, pieno di una grazia malinconica (e Colette, per l'uso sopraffino che fa della lingua francese, è una delle poche che personalmente apprezzo più in originale che in traduzione) l'autrice fa trasparire la forza nostralgica del proprio tormento interiore; fingendo di essere "bestia" Colette costringe sè stessa a riversare nel libro una sensibilità più istintiva e libera, atavica ed autentica, che coincide con quella essenziale e pura con cui lei visse la propria esistenza e la scrittura.
Ed ecco che, con un pizzico di spregiudicatezza che le si perdona sorridendo, ella ci racconta ciò che chi ha degli animali domestici conosce già: l'intimità complice ed inspiegabile che lega ogni bestia al proprio "Deux-Pattes". Eppure lo fa con una tale poesia che non ci stancheremo mai di starla ad ascoltare.
Voto: 7,5
Edited by LordDunsany - 24/8/2009, 09:27