ORLANDO FURIOSO di
Ludovico AriostoMondadori, 1532
Un giocattolo meraviglioso che inscena l'inganno, l'incapacità di dominare la realtà, di distinguerla dalle illusioni.
Desiderare è il motivo di tutto il poema e nel desiderare cercare l'oggetto del proprio desiderio, errare all'interno di selve indistricabili, cadere nell'irretimento amoroso, perdere il senno.
Il libro è la selva, il motore di ogni ricerca: luogo topico in cui tutto avviene e in cui tutti si incontrano, dove si annodano i temi del narrare, le storie si intrecciano e si dipanano. Il poema ha un momento in cui l’andare e l’errare si bloccano, i temi principali si concentrano in un unico episodio, in un altro ambiente: il secondo palazzo di Atlante, il mago antinarratore che ferma il discorso all’interno del libro, ferma le vite di tutti. Creazione mirabile quest’ultima, che nasce per un crescendo di affinamento nelle incantagioni che Atlante costruisce per evitare che Ruggiero compia il suo destino (il primo palazzo chiude l’eroe con la forza, il giardino di Logistilla cambia Ruggiero a tal punto da condurlo ad essere non più se stesso).
Ma il secondo palazzo non usa la forza, non toglie agli individui la propria coscienza, no, li convince assecondandoli: è un insieme di labirinti che sono il materializzarsi della mente di chiunque vi capiti dentro spinto dalla ricerca di ciò che si desidera avere. Atlante estrapola ad ogni personaggio il suo sogno, ciò che brama sopra ogni cosa e lo rende tangibile, ma non lo realizza e il desiderio si autoalimenta in un avverarsi sempre possibile. E’ una prigione volontaria fatta da uno stato di sospensione che non soddisfa l’attesa, ma non dissolve il sogno.
L’unico personaggio che “vede” la magia è Angelica, perchè lei non desidera (il meccanismo narrativo ovviamente passa attraverso un oggetto magico, l’anello), l’unico che può distruggere il Palazzo è Astolfo perchè egli ha già sperimentato sulla sua pelle passioni e avventure tali da poter capire e trovarne la chiave di volta, Astolfo è maturo, ha trovato l’equilibrio fra il suo sè razionale e il suo sè istintuale (non dimentichiamo che Astolfo è stato altro dall’umano, è stato pianta, arbusto) e il meccanismo narrativo gli fa usare un libro.
La cosa più bella che abbia mai letto in versi . Un libro infinito.
Edited by LordDunsany - 28/8/2009, 11:33