Premetto che i post, e quindi le recensioni, saranno due.
Una è quella obiettiva, pacata, posata.
L'altra è quella sarcastica e -dicono- divertente, e LordDunsany mi ha chiesto di postarla.
Twilight di
Stephenie MeyerChi giunge qui da anobii sa benissimo cosa ne penso della Meyer; sa di che tono colorito e folcloristico siano le mie recensioni ai suoi libri, sa con quali sentimenti contrastanti li legga; sa cosa ne penso del loro messaggio; e, più in generale, sa cosa ne penso della bravura della Meyer.
Avrei potuto adattare a recensione i quattro commenti presenti nella mia libreria. Ma sarebbe stato serio?
Quelle non sono recensioni -e sono io la prima a dirlo- per alcuni buoni motivi: primo, sono assolutamente parziali; secondo, spesso e volentieri non sono altro che riassunti in chiave parodica; terzo, molte li trovano insultanti, e sebbene io di insulti continui a non vedercene, i combattimenti coi mulini a vento li lascio a Don Chisciotte, e lascio la gente con poco senso dell'ironia della sua opinione.
Continua a martellarmi in testa quel che ormai è uno degli interrogativi amletici della mia vita: perchè se ti accanisci su un libro, specie se palesemente malscritto, chi lo ama si sente offeso nel suo intimo come se avessi messo in dubbio le virtù coniugali della sua mamma?
Ma adesso mi fermo: sta diventando un Diario di Lettura di Raimondo Torrismondo.
Nella fattispecie, ciò che volevo comunicare con questa prefazione, è che tempo fa ho riflettuto parecchio sui miei vecchi commenti al primo libro della tetralogia, e ne ho tratto qualcosa di più pacato e sistematico. Qualcosa che assolutamente non dovrebbe scatenare alcun tipo di flame su questo blog. Ma non si sa mai. E mi fermo qui, o tutti i miei buoni propositi rischiano di andare a farsi maledire.
Twilight è un libro mal scritto, diseducativo e banale.
Del primo elemento, almeno in teoria, dovrebbe accorgersi chiunque abbia un minimo di esperienza di lettura sulle spalle, ma non sempre è così: in ogni caso, Stephenie Meyer utilizza una sintassi piuttosto semplice ed elementare, con un'aggettivazione continua e ridondante e, soprattutto, superflua. La Meyer manca di vocabolario, poichè utilizza continuamente certe formule che, a suo parere, risultano vincenti nel gradimento delle lettrici: Edward viene continuamente paragonato a un 'dio greco', dalla 'bellezza assurda', il 'torace marmoreo', il 'sorriso sghembo'. Questi aggettivi, sostituiti da ben pochi sinonimi, vengono ripetuti allo spasmo.
I suoi libri sono scorrevolissimi, lo ammetto. Ma questo perché, per l’appunto, succede ben poco (ci arriveremo nel corso della discussione) e utilizza periodi brevi e concisi, da terza media. Sfogliabile, direi, almeno non risulta sgrammaticata come Moccia, o forse è merito della traduttrice -ma onestamente non credo-.
Sul secondo elemento, focalizziamo l'attenzione sugli innumerevoli personaggi: lui e lei.
Tutti i personaggi, in generale, sono delle macchiette stereotipate, privi di qualsiasi spessore.
Bella Swan, la protagonista, è il prototipo dell’adolescente media: è descritta, nella fattispecie, con ciò che non è e che non sa fare, così è più facile identificarcisi.
Non è bella, ma già al primo giorno nella nuova scuola ha uno stuolo di ammiratori e, poco dopo, scampa per un pelo persino uno stupro.
Non è affascinante, ma chissà perchè tutti sono soggiogati dalla sua presenza.
Non è prestante, anzi, per sua stessa ammissione ha problemi di equilibrio e coordinazione (ma ciò la rende tenera E affascinante al tempo stesso).
Ha paura del sangue, cosa che, in un libro di vampiri, appare molto alternative.
E, sempre naturalmente, non le si riesce a leggere nel pensiero, né i poteri dei vampiri in generale sortiscono un qualche effetto su di lei, perchè è speciale.
Bella, inoltre, è alternativa (si compiace di ascoltare musica classica piuttosto che le porcherie che ascoltano i suoi coetanei), e altamente insofferente non solo nei confronti dei suoi spasimanti, che tratta alla stregua di zerbini (lei mira più su, i mortali non la interessano), ma anche nei confronti delle stesse ragazze che al suo primo giorno di scuola hanno tentato in tutti i modi di farla ambientare: lei viene da una grande città, loro sono paesane; lei è un’intellettuale, loro sono superficiali e vanesie; lei ama un vampiro e rischia spesso la vita, loro hanno vite noiosamente normali.
Bella è, in sostanza, una sagoma tratteggiata con la scritta ‘Questa sei tu’: la protagonista ideale di una storia rivolta a un target di una certa età, in cui le lettrici possano identificarsi.
Edward, invece, è semplicemente noioso, in quanto ineluttabilmente perfetto. Ha dei difetti, sì, ma anche questi lo rendono perfetto. Sa fare tutto meglio di chiunque altro, è bello, forte, virile, affascinante, geloso ma non troppo, un po’ impulsivo, innamoratissimo. Un Gary Stu fatto e finito, insomma. E il fatto che, per trecento pagine, la protagonista femminile non faccia altro che rimirarne le splendide forme e contemplarne la statuaria bellezza, lo rende perfino odioso.
Se cercate altri personaggi, dovrete cercare molto a fondo; la protagonista ha dei genitori che si vedono poco; degli ‘amici’ il cui carattere non viene mostrato, ma descritto dall’alto della lungimiranza della snobbissima protagonista; degli spasimanti; c’è anche qualche nemico, ovviamente subito sconfitto dal Signor Issimo (Edward, ovviamente).
C'è poco da ridere: diseducativo, stavamo dicendo?
La protagonista, cinque secondi dopo aver visto Edward, non può più vivere senza di lui. Nel corso dei quattro libri annulla completamente la sua personalità, i suoi desideri, la sua volontà, e tutto ciò per stare con il suo amato: e non perchè lui non la voglia, anzi, ma perchè Edward, forte del suo avere una settantina d'anni di vita più di lei, si sente giustificato a prendere per la sua amata tutte le decisioni che dovrebbero spettare a lei, per proteggerla. Lui decide quando iniziare la storia, quando troncarla, quando si deve far sesso (e cioè mai), quando Bella non deve vedere il suo migliore amico e quando, invece, deve vederlo, quando Bella deve diventare vampira.
Mia madre mi ha sempre detto 'Figlia, trovati un lavoro e l'indipendenza e poi, se proprio vuoi, sposati. Ma non dipendere mai da un uomo'. Quella santa donna di mia madre me lo ripete da quando avevo quindici anni, e tutto nonostante sia cattolica e felicemente sposata con mio padre. Perchè lei vede come vanno i tempi, mentre la Meyer e i suoi personaggi sono ancorati a visioni conservatoriste, moraliste e religiose: l'amore è il motore portante della vita, e se c'è il partner c'è tutto. Quando Bella, nei suoi due forse unici ansiti di libertà della saga, afferma di non volersi sposare e di voler giustamente esprimere i propri sentimenti in un giustissimo amplesso, viene rimessa al suo posto: il matrimonio s'ha da fare, ma il sesso no, è immorale e pericoloso (per l'anima e per il corpo) e almeno fino alle nozze non se ne parla.
Bella, infatti, per tutto il resto del libro (torniamo in tema) si dimostra incapace di cavarsela da sola: non solo rischia investimenti, stupri e morte da cui il suo uomo (o il suo migliore amico, in seguito) la trae sempre in salvo, ma pur non avendo apparenti memomazioni fisiche è talmente inetta che persino scendere un gradino diventa comicamente difficile per lei. Macchietta, dicevamo?
Non tenterò di convincervi che questa storia d'amore è più putativa che altro. Non mi stancherò mai di ripetere che non è amore un'attrazione a prima vista, olfattiva per lui e visiva per lei, e che si risolve con la malia che lei rappresenta per lui (volendole leggere nel pensiero e non potendo, volendola divorare e non potendo) e con la continua descrizione estatica delle bellissime forme dell'amato per lei. Fine. Loro non si conoscono, non hanno interessi in comune, lui ignora totalmente i suoi voleri e il suo modo di pensare, lei si piega, invece, ai suoi schemi mentali.
E siamo al terzo elemento, ossia alla banalità.
La storia inizia con l'innamoramento, continua con l'elenco di tutte le volte che si vedono a scuola o fuori, e termina con cinquanta pagine di 'pericolo' sovrannaturale che viene prontamente sconfitto.
Sì, potrebbe essere un libro di Moccia.
Ma no, perchè nella saga di Twilight la Meyer tenta di svernare il mito del vampiro. Contrariamente a tutti i loro predecessori, infatti, Edward e la sua famiglia sono vampiri solo di nome: non sono obbligati a nutrirsi di sangue umano, in quanto si impegnano ad assumere solo sangue animale; hanno gli occhi cangianti, a seconda dell’umore e della sete; non patiscono croci, né acqua santa, né aglio; si riflettono negli specchi; al sole, soprattutto, non si inceneriscono, ma brillano come se sulla pelle avessero tanti piccoli diamanti, diventando ancora più splendidi; ognuno di loro, inoltre, ha un diverso potere paranormale, che sia la telepatia, la preveggenza, la capacità di sedare gli animi.
Nella foga di creare un vampiro politically correct, privo dunque della connotazione pericolosa e diabolica che caratterizza tanti esponenti letterari di questa specie e che costituisce buona parte del fascino che questa figura esercita, la Meyer lo spoglia di quasi tutte le caratteristiche peculiari del genere, rendendolo, per l’appunto, un vampiro solo di nome.
Nonostante, quindi, la scrittrice cerchi in tutti i modi di creare una sensazione di pericolo e proibito, materialmente non può: intanto perché le manca una capacità espressiva che le consenta di rendere al meglio verbalmente le atmosfere che tanto si sforza di descrivere (basti sapere che, per rappresentare la bellezza di Edward, utilizza per trecento pagine sempre le stesse espressioni), e poi perché i suoi vampiri sembrano così buoni e così puri che non c’è spazio per il pericolo.
La sua saga diventa dunque una storia d’amore liceale ammantata lievemente da qualche elemento pseudo-dark.
Bella, naturalmente, vorrebbe trascorrere l'eternità con il suo amato, chiedendogli di conferirle l'immortalità: ma Edward rifiuta. Un’esistenza immortale in cui non si deve succhiare sangue umano, non si deve dormire nelle bare, non si patisce l’aglio, al sole si brilla, e si diventa bellissimi oltre che pieni di superpoteri, no beh, non va bene, e non sarebbe la vita migliore per la sua amata. Continuo a chiedermi, e continuo a chiedermi perchè non se lo chieda anche chi apprezza questo libro, quale sia la fregatura dell'esser vampiri: ebbene, non c'è. La trasformazione in vampiro appare come tutto ciò che di più bello si possa ottenere, a costo zero.
In conclusione, trovo affatto giustificato il polverone che si è alzato attorno a questo libro, le manifestazioni di fanatismo di molte delle sue fan- vi prego, non fatemi continuare-, e soprattutto il fatto che ne abbiano tratto un film; tutto questo, quando nell’editoria esistono prodotti molto più validi e meno venduti perché poco pubblicizzati.
Non riesco a trovare un motivo nel grande successo di questa saga, perché l’ho trovata poco valida sia come storia d’amore che come libro dark. Ma, d’altronde, anche Moccia ha fatto molto successo, e lo scrittore gggggiovane non sapeva nemmeno coordinare un congiuntivo con un condizionale.
La verità è che la Meyer, riunendo in un unico libro molti stereotipi di successo (la protagonista comune ma di successo, il protagonista figo, la storia d’amore imparitaria, il fatto che il protagonista abbia i dentini aguzzi), è riuscita a catturare completamente l’attenzione di quelle lettrici che, in fondo, non cercano che questi in un libro. E che, solleticando inoltre la sensibilità romantica di lettrici fuori target, Edward è riuscito a far breccia anche nel loro cuore.
Quanto al mio, beh, sono insensibile e profonda quanto un vasetto monodose di Nutella (cit. un'anobiiana del gruppo Orrilibri). Non importa se piango quando guardo la storia d'amore impossibile di Ring 0, se mi commuovo con La sfera del buio, o andando più indietro, se vibro come una corda leggendo Cime Tempestose. Eh, diamine, mica Heathcliff è Edward, non confondiamo l'oro col piombo! E poi mika la Bronte skrive km la dea-Mayer, oh no.
Vi invito, in ogni caso, a provare questo libro a costo zero (magari fatevelo prestare): se lo leggerete con la dovuta ironia, risulterà più divertente della Littizzetto e di Giobbe Covatta messi assieme.
Io e il vampiro 3mscTwilight è uno dei libri più scialbi e insulsi che io abbia mai letto. Forse perché quindici anni non li ho più, forse perché non riesco ancora a digerire il fatto di averlo acquistato senza informarmi sufficientemente, ingannata dalla falsariga dei commenti entusiastici sulla rete.
La verità, in o ... (continua)
Twilight è uno dei libri più scialbi e insulsi che io abbia mai letto. Forse perché quindici anni non li ho più, forse perché non riesco ancora a digerire il fatto di averlo acquistato senza informarmi sufficientemente, ingannata dalla falsariga dei commenti entusiastici sulla rete.
La verità, in ogni caso, è che Twilight ha una trama mediocre, personaggi mediocri, soluzioni narrative mediocri e stereotipi utilizzati in maniera mediocre. Sì, direi che è un libro mediocre, potremmo leggere racconti migliori in un qualunque sito di fanfiction, gratis.
Potrei riassumere il tutto con la definizione ‘harmony per adolescentine’:
- L’elemento soprannaturale: C’è, ma la Meyer crea il vampiro politically correct.
E’ figo, misterioso e sensuale come i vampiri classici. Ma solo questo.
Non beve pomodoro e fragola come il vampiro buono di Carletto, ma sangue animale.
Ha istinti vampirici, ma riesce a trattenerli.
Non patisce l’acqua santa, le croci, l’aglio, i paletti di legno, si riflette negli specchi, non dorme nelle bare, eccetera.
E al sole non si incenerisce, ma brilla.
- I personaggi: C'è la solita protagonista che non è, piuttosto che essere, così è più facile identificarcisi. Non è bella ma ha tanti ammiratori, umani e non, da fare invidia a Paris Hilton. Pure lo stupro, scampa. Ma naturalmente arriva lui, il fyko di turno, a salvarla. Non è affascinante, ma chissà perchè tutti sono soggiogati dalla sua presenza. Non è prestante, anzi, è goffa al punto che ti chiedi se le deficiti qualche neurone di troppo (ma ciò la rende tenera E affascinante al tempo stesso: perchè è ovvio che le migliori Mary Sue abbiano in sé coppie di ossimori. Fa fyko, rassegniamoci). Naturalmente ha paura del sangue (perché fa molto fyko in un libro di vampiri). E, sempre naturalmente, non le si riesce a leggere nel pensiero (perché lei è diversa!). La classica protagonista creata a tavolino dall’autrice perché le quindicenni che leggono il libro possano immaginare di essere nella storia (personalmente mi accontento di avere qualche neurone in più e qualche spasimante in meno, ma io non ho quindici anni).
Edward: così perfetto da essere noioso e odioso. Persino i suoi difetti lo rendono perfetto. Sa fare tutto meglio di chiunque altro. Lo chiamerò d'ora in poi 'Signor Issimo' (bellissimo, bravissimo, furbissimo, velocissimo, etc a piacimento; ma anche gelosissimo, impulsivissimo, eccetera, ma questi sono difetti che lo rendono più fyko).
Ed non si incenerisce al sole come tutti gli altri vampiri. Oh no, gente. Come già detto, Edward brilla. E diventa ancora più ISSIMO.
Altri personaggi? Ce ne sono? Ah, sì: ci sono le amiche di Bella, citate qua e là e sempre in compagnia delle parole ‘ragazzi’, ‘ballo studentesco’, ‘cinema’, ‘vestiti’. Ci sono i ragazzi, ovviamente tutti più o meno attratti dalla protagonista. Ci sono i parenti di Edward, tutti bellissimi, fighissimi, misteriosissimi, etc.
- La storia: Uno scolapasta; la protagonista ha degli pseudo genitori. Una madre che si vede due pagine all'inizio della storia e due pagine alla fine. Un padre che la lascia sola in casa tutta la settimana ma poi va a controllare se è ancora nel suo letto e che non se la sia svignata per andare a qualche festa.
Una madre ossessiva che subissa la figlia di e-mail per controllare se stia bene, ma che ha accettato che andasse a vivere con l'ex marito.
Un padre che rimane nel vialetto a guardare sua figlia che, montata su una jeep sconosciuta, sta tornando nell'altro stato dopo avergli detto, dal nulla: 'Mi sono rotta, torno in California!'
Tralasciamo la parte iniziale in cui il vampiro, nella miglior tradizione 'figo dark', tenta di tenere lontano da sé la protagonista, per poi rimanerne interamente (e inspiegabilmente!) soggiogato. Ma possiamo capirlo, lei è diversa.
Tralasciamo la seconda parte del libro, che si trascina tra botta e risposta riassuntivissimi e inutili e tediose (nonché ripetitive!) descrizioni di ciò che i protagonisti provano l'uno per l'altra.
Pagine su pagine di: ‘Oh Bella, ti amo!’, ‘Oh, Edward, quanto sei bello!’.
Sì. L’abbiamo capito che vi amate e che Edward è bellissimo, ma non occorre rimarcarlo per quattrocento pagine, grazie.
Indimenticabile la scena in cui Edward porta Bella con sé in montagna: sdolcinatissima più che romantica, piena di pippe mentali, i due si sfiorano di continuo senza mai toccarsi veramente. Una roba frustrante che fa pensare a una materialista come me: ‘Ma che aspetti ancora ad infilarle le mani in mezzo alle gambe?’
Ma andiamo alla parte finale.
Seguite il mio ragionamento da lettrice. Loro giocano a baseball. Arrivano tre vampiri. Uno di questi tre decide improvvisamente che vuole Bella. Cioè, di umani ne ha una città, ma vuole proprio lei, e arriva addirittura a seguirla in un altro stato e a concepire piani malefici tipo la registrazione della voce della madre per farla uscire allo scoperto.
La tizia si fa scioccamente prendere per il culo (certo, perché ce la spacciano per furba, ma la caduta nella trappola è utile ai fini della trama, nonché per mostrarci Bella in modalità Povera Preda Salvata Dal Principe).
Naturalmente i 'nostri' arrivano in tempo, riescono a prenderla per i capelli e naturalmente anche ad evitare che si trasformi in vampiro. E spiegano alla madre (la dura realtà ogni tanto incombe, eh sì) che è caduta dalle scale e finita contro uno specchio o qualcosa di simile. Naturalmente la madre ci crede pure. Quanto a intelligenza, almeno abbiamo capito da chi la figlia ha preso: quale ferita da cocci di vetro non somiglia al morso di un vampiro?
La ciliegina sulla torta è costituita dalle ultime pagine del libro, in cui Bella pesta i piedi soltanto una quarantina di volte per convincere Edward a trasformarla in un vampiro, così potranno vivere per sempre felici e contenti eccetera.
Ma, gente, poteva il fykissimo di turno non essere anche saggissimo?
Bella piace ad Edward così com’è, l’eternità non è fyka (o meglio, fa molto fyko dirlo). E quindi tutto resta così. La parola ai posteri, o meglio, ai tre libri che verranno.
Consigliato a: ragazzine dai 3 ai 15 anni; sognatrici instancabili che amano gli harmony (ma siate consapevoli che qui di erotismo non ne troverete); depresse che vogliono farsi due risate; amanti del trash.
Edited by LordDunsany - 31/8/2009, 22:31