| Il destino ineluttabile degli uomini
Ci sono stati pochi romanzi nella mia vita che mi ha dato sensazioni inesprimibili, emozioni talmente forti e intense da togliermi quasi il respiro, da fermare per un istante l’instancabile battito del mio cuore. Cent’anni di solitudine è una di quelle opere. Un libro di una bellezza sconvolgente, di un’intensità unica, di una poesia che ti lascia senza parole. Sfogliando le sue pagine, a poco a poco si viene catturati e trasportati in un nuovo mondo, un mondo in cui la fantasia regna sovrana. Una storia fantastica, una magia intensa e senza fine o una storia reale fatta di avvenimenti realmente accaduti? Cosa c’è di reale nei fantasmi, nelle visioni, negli accadimenti surreali che avvengono durante la narrazione? E cosa c’è veramente di reale oltre la solitudine? Sono domande che il lettore si pone e a cui non riesce a dare spiegazione. E’ la storia di sei generazioni che delimitano un arco temporale non definito e del villaggio che con questi personaggi vede la sua nascita e la sua morte. Un succedersi continuo di personaggi tutti simili tra loro, con gli stessi nomi, che vivono le stesse vicissitudini, un susseguirsi di Arcadi e Aureliani che con le loro storie appassionate ripercorrono un secolo di vita in un spazio temporale in cui tutto accade di nuovo, come una sorta di ciclo della vita continuo, dove i personaggi ripercorrono lo stesso tragitto costellato dagli stessi errori, dagli stessi amori, dalle stesse tragedie e alla fine ritornano al punto iniziale, al punto di partenza, in cui tutto è sempre più fatiscente, è sempre più malandato, è sempre più preso d’assalto dalla rovina e dalla vecchiaia che logora tutto, dai paesaggi alle case, dai cuori alle carni dei protagonisti. Amori, guerre, incesti, passioni, sconvolgimenti, accoppiamenti, nascite, segreti e ancora amori, guerre, incesti, passioni, sconvolgimenti, fino ad arrivare alla sesta generazione, fino al concepimento dell'ultimo uomo, che porterà via tutto, che rappresenterà la fine, l’ultimo anello della catena. E la tristezza ci pervade nel comprendere che fa tutto parte di un disegno, tutto parte di un ciclo in cui i fatti si susseguono tra loro, in una sorta di circolo vizioso che non ha mai fine. La solitudine di un secolo come metafora dell’animo umano…in mezzo a tanto frastuono, a tanti avvenimenti, l’uomo è unicamente e sempre solo. La solitudine ci prende per mano e ci accompagna tra le vie di Macondo, nei terreni dei bananieri, nei bordelli dei villaggi, nei campi degli zingari, tra le bambine che si prostituiscono per fame, tra i lavoratori uccisi in piazza…tutto è solitudine e tutto ci riguarda. Uno stile di scrittura perfetto quello di Marquez,, una narrazione unica, senza eguali. Se è mai esistito al Mondo qualcuno che si sia innamorato di un libro, quell’essere umano sono io, questo libro è diventato la mia droga, la mia essenza, a cui non riesco a non pensare. E per un istante, una frazione di secondo, ho chiuso gli occhi e ho pianto la morte dei personaggi, e ho detto addio a un’esperienza di vita vissuta. Semplicemente meraviglioso, uno dei punti più alti della letteratura del secolo scorso.
Voto: 9
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