Non c'era ancora la mia recensione e avendolo letto da poco eccola
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Toru Watanabe ha 37 anni ed atterrando ad Amburgo sente diffondersi dagli altoparlanti “
Norwegian Wood” dei Beatles; questo gli fa ricordare i suoi vent’anni, un giorno che passò con Naoko, la sua fidanzatina dei tempi. Un grande prato, il cielo azzurro, le ridenti montagne sullo sfondo sono ben vivide nel suo ricordo anche se gli duole ammettere che col passar del tempo la memoria del viso di lei sta svanendo. Toru ricorda poi l’amico Kizuki, la sua vita di studente in collegio, l’occupazione dell’università nel ’69, la coabitazione con Sturmstruppen, i vari incontri della sua vita: Midori, Reiko, Hatsumi, Nagasawa.
Mi riesce difficile addentrarmi nelle pieghe di questo romanzo, ci sarebbero tantissime cose da dire soprattutto in considerazione della grande popolarità che riceve qui su anobii in aggiunta alle ottime cose che praticamente chiunque m’aveva assicurato. Spero di non risultare troppo prolisso parlandone a ruota libera. Il signor Murakami dev’essere una persona di grande gentilezza, bontà d’animo ed intelligenza; è la seconda volta che leggo un suo romanzo e come allora ne ho ricevuta la medesima impressione; m’è sembrato di ritrovarmi ad ascoltare un vecchio amico con cui avevo grande confidenza; il suo racconto è morbido, a tratti sinuoso; colpisce con la sua delicatezza frammista a misurata malinconia. Ho letto che Murakami aveva intenzione di scrivere un romanzo d’amore non troppo sentimentale, giusto per distrarsi dalle sue precedenti e future fatiche letterarie; infatti prende vita una storia che si distacca dalle sue classiche strutture complesse, fatte di mondi paralleli, di compenetrazioni tra realtà e irrealtà. Ci viene somministrata una storia d’amore e morte ove il realismo, aiutato da una scrittura solida e accattivante, si concreta in un amore delicato, ma anche carnale, esuberante e rassegnato; amore che è sempre in primo piano senza mai scadere in un becero ed ormai consueto “sentimentalismo”. La canzone “
Norwegian wood” rappresenta la “madeleine” di proustina memoria; in quel momento si scatena il flashback, citazioni musicali e letterarie condiscono questa sorta d’educazione sentimentale. Murakami ha la rara capacità di saper ingraziarsi lo spirito del lettore, i suoi personaggi trascendono le pagine stampate, sembrano compagni reali di colui che legge il quale non può fare a meno di immedesimarsi in alcuni di essi. Il tono del racconto è per la maggior parte nostalgico, cupo, pochi raggi di speranza vengono a squarciare il cono d’oscurità imperante; Toru crescendo comprende come la morte sia una parte intrinseca della vita e non solo la fine; alla stancante ombra preferirà la luce. Le case bruciano, le persone vanno e vengono, ma è solo dentro noi stessi, anche sbagliando più volte e soffrendo, che possiamo trovare la giusta via; autodistruggersi non porta a nulla..
Il romanzo m’è sembrato l’unione di diversi racconti che avrebbero potuto benissimo esser indipendenti: quello sull’allieva di Reiko, il rapporto con Sturmstruppen, l’incontro con Reiko e Naoko, l’incendio visto dalla terrazza di Midori, le uscite con Nagasawa; il tutto raccordato in maniera esemplare. Qualche cenno riguardo i vari personaggi: Naoko è odiosa, fastidiosa, oscura; è evidentemente fragile e si propone con un atteggiamento angosciante, non sa cosa vuole e pensa solo a se stessa, non ho capito come Toru potesse essersene invaghito. Midori m’è piaciuta moltissimo ed è l’opposto: adorabile ed intelligente; nonostante le mille sventure è sempre solare ed ottimista, non si fa mai abbattere è sempre positiva, è un po’ permalosetta; però essendo lei la luce del romanzo glielo si può perdonare, no? Toru è un po’ troppo introverso e ha troppi dubbi; è in cerca della sua strada ma in ultima analisi m’è parso un vero disadattato.Come può cercare l’autenticità nelle persone andando a letto con così tante ragazze? Mah.. Reiko m’ha fatto simpatia per lunghi tratti ma perde tantissimo nel finale. Nagasawa è un tipo veramente originale anche se un tantino narciso e superbo. Qualche critica: è troppo lungo, a tratti si trascina stancamente, alcune parti noiosette potevano essere tranquillamente levate o abbreviate. Non ho per niente condiviso ciò che Reiko fa verso la fine; è un’azione gratuita, inutile. Ho trovato il finale un po’ “monco”, avrei voluto saperne di più: probabilmente è nel suo stile (lo saprà meglio di me chi lo legge da tempo con passione), ma certi fatti e situazioni andavano chiariti. Aggiungo: a tratti mi sembrava di trovarmi nel “Suicide Club” di Sono Sion solo che quello era un thriller; il testo è troppo cupo, l’aria che si respira per tutta l’opera è di disillusione, di rassegnazione alla realtà della vita (solo Midori reagisce)..
Haruki Murakami ci ha proposto un quadro poetico e prosaico su quello che è stato ed è il Giappone, su come i giovani negli anni ’70 ma anche oggi affrontino le vicissitudini amorose, le relazioni d’amicizia ed il dolore in relazione alla vita di tutti i giorni. Quel che ne viene fuori è una perla che brilla d’una luce funerea che trae il proprio splendore dalla malinconia per un passato ormai svanito. M’ha dato l’impressione d’essere il classico romanzo ben scritto, non molto complesso che di pagine avrebbe potuto averne duemila “e quando si arriva all’ultima se ne vorrebbero altre cento”. Promosso.
VOTO 7,5
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