| La cosa più difficile che ci sia al mondo è scrivere una prosa assolutamente onesta sugli esseri umani” (E. Hemingway)
Hemingway è stato uno dei miei padri spirituali. Ho cominciato a leggerlo a quindici anni, in piena crisi adolescenziale, quando ero alla disperata ricerca di risposte ai mille interrogativi che la vita mi poneva davanti. Da allora non ho più smesso, il nostro amore si è intensificato, fino a diventare quasi una parte integrante della mia vita. Difficile spiegare in poche parole cosa mi abbia dato quest’autore, mi ha insegnato a non aver paura della verità, anche della più dolorosa, ad avere il coraggio di guardarla in faccia, mi ha insegnato ad affrontare la vita per come viene, a non scappare dinanzi alle difficoltà, mi ha insegnato a essere me stessa, sempre. E’ stato come un secondo padre per me, senza il quale adesso non sarei al donna che sono. E’ al prima volta in vita mia che leggo questi racconti(e come sempre devo ringraziare Cris per avermeli fatti conoscere) e le emozioni che provo adesso nel raccontarveli sono molteplici e difficili da esprimere. Come ha scritto giustamente Baba, Hemingway ci ha regalato quarantanove delizie, quarantanove perle, a testimonianza di ciò che lui era e di ciò che è stata la sua intera esistenza. C’è tutto Hemingway in questa raccolta, tutto il suo mondo, tutte le sue passioni. Racconti affascinanti, in cui Ernest da libero sfogo alla sua immensa voglia di raccontare storie, passioni, esperienze di vita, figure indimenticabili di donne e uomini, il tutto raccontato con una prosa moderna, uno stile asciutto, capace di essere ironico e tragico allo stesso tempo, ma sempre appassionante ed estremamente godibile. Una narrazione molto “maschia”, venata da una visione cinica e disillusa della vita, ma anche da un immenso e dichiarato amore per la vita, per la natura, per l’amore. Il passaggio dalla giovinezza all’età adulta, la disillusione, la lotta tra l’uomo e la natura, l’Africa, la Spagna, le corride, la guerra…Hemingway ci e si racconta l’uomo in modo sincero, appassionato, spregiudicato. Vi starete chiedendo quale sia stato il mio racconto preferito…non so rispondervi, per me lo sono tutti, tutti mi hanno lasciato qualcosa dentro, da “la capitale del mondo”, un’amara riflessione sulla brevità del tempo a nostra disposizione, che ci impedisce di realizzare i nostri sogni a “Vecchio al ponte”(che mi ha commosso tantissimo), un inno contro la dittatura franchista e la guerra che non fa sconti a nessuno, a “Su nel Michigan”, racconto dedicato ai guai che derivano dall'idealizzare troppo una persona, un amore nel caso specifico che poi cede di schianto al contatto con la realtà, a “Sul quai di Smirne”, sulle atrocità della guerra e la dicotomia vita/morte: persone che muoiono e madri che partoriscono, a “il dottore e sua moglie”, racconto sull’ingratitudine delle persone, a “tre giorni di burrasca”, metafora della passione amorosa che, al pari di una gelida burrasca invernale, arriva, sconvolge la vita e poi passa, a “gatto sotto la pioggia”, dimostrazione di come nella vita non si possa avere tutto, a “il gran fiume tra i due cuori”, uno dei racconti più belli dedicati alla natura, in cui si assiste al contrasto tra la viva Natura rappresentata con colori fluidi e vivaci e la Natura distrutta dalla mano dell’uomo, a “in paese straniero”, racconto che descrive i dolori che la guerra infligge, a “dieci indiani”, in cui si tratta di razzismo, a “dopo l’uragano”, racconto sul cinismo delle persone che fanno a gara per depredare i morti dei loro beni, dei veri e proprio sciacalli (homo homini lupus), a “vino del wyoming”, inno all’amore per la propria patria, a “la madre di uno di quelli”, racconto sul menefreghismo di alcune persone, che sarebbero disposte a vendersi anche la madre pur di ottenere ciò che vogliono. Tutti racconti splendidi, tutti indimenticabili, un viatico per il paradiso letterario, che inizia proprio da questa raccolta. Grande, grandissimo Ernest.
Voto: 8.5
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