JULIE DE CARNEILHAN di
ColetteRomanzo, 1930, Piccola Biblioteca Adelphi, pagine 164
Dopo la magica esperienza dovuta alla lettura de “Il grano in erba”, mi sono apprestato alla lettura del mio secondo romanzo di Colette, “Julie De Carneilhan”. La vicenda è incentrata sulla figura di Julie, “alta e bionda”, bella quarantacinquenne che vive sola dopo due matrimoni falliti. Questa sua condizione la porta a vivere in una stato di ristrettezza, memore della perduta grandezza, in mezzo a giornate sempre uguali. Le sono di conforto un esiguo vitalizio ogni 15 del mese inviatole dal primo ex marito, Becker, un paio di amici, suo fratelllo Leon e un amante, Cocò Vatard, “onesto e giovane industriale”. Julie è legata da una sorta di odio/amore all’ultimo marito, Herbert, che la sedusse e tradì molte volte dopo il matrimonio.
Non ha la leggerezza incredibile, il tocco angelicato, la raffinatezza delle descrizioni che sono patrimonio fondamentale de “Il grano in erba”; ma c’è molto cuore, c’è molta voglia di mostrare al mondo le vicende di questa donna “non più giovane”, che affronta la vita con forza, con orgoglio, anche se è solo “un vestito” che si è cucita addosso, solo una scorza, perché gli amori passati l’hanno indelebilmente segnata. Mi ha impressionato la maestria con la quale Colette tinteggia la figura di Julie, me la sono vista davanti, in carne e ossa, in tutti suoi atteggiamenti; nei sui vestiti modificati all’uso, nella sua splendida fierezza. L’autrice fa agire con forza questa donna, la sua determinazione diventa quella di Julie, la quale, anche se mortificata al pensiero delle malefatte dell’ex marito, lo affronta, imbastisce con lui un divertente gioco delle parti; nel quale lei, altezzosamente, trova anche modo di parlare spregiativamente del di lui mobilio. Poi me la sono vista nei locali a cenare, attirare gli sguardi ammirati degli astanti, orgogliosa della sua bellezza e del suo essere donna di mondo. Julie è capricciosa, emotiva, acida, volubile, ma non si può non volerle bene, le sue attese ci fanno parteggiare per lei, il non voler chiedere aiuti economici a nessuno ce la rendono simpatica, genuina, viva. In tanti anni di amori clandestini con personalità di vario genere Julie s’è costruita una corazza dentro la quale sentirsi sicura e protetta, pronta a esprimere giudizi su tutto e tutti; solo il perduto amore per Herbert la farà vacillare. Herbert ovviamente è il personaggio negativo: un ricco politico, ambiguo e viscido seduttore; Vatard è fenomenale, è il classico amico/a, che ognuno di noi ha, quello che non capisce mai quando deve stare zitto e se ne esce con considerazioni imbarazzanti al momento sbagliato.
Non è un romanzo sull’amore, benchè sia intrinseco alla vicenda narrata; è un libro vero e sincero, Colette ci mette molta ironia nel raccontare lo svolgersi degli eventi, più di un sorriso sorgerà sulle labbra del vorace lettore; come sempre, la malizia fa capolino tra le voluttuose righe: “Julie aveva paura delle bestie lunghe e invisibili”. Il flusso di pensieri alle pagine 62 e 63 a mio parere vale da solo la lettura del libro. Libro anche questo che, sebbene inferiore a “In grano in erba”, mi sento di consigliare vivamente; Julie è un personaggio che difficilmente si dimentica.
VOTO 7
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