Gli uccelli -
AristofaneDue vecchi, che decidono di allontanarsi dalla città di Atene, ormai preda del caos e assediata dagli Spartani, si recano da Tereo, mitico re di Tracia, trasformato in ùpupa dagli dèi per aver tentato di uccidere la moglie.
Essi progettano di fondare una nuova città, e come guida per il loro viaggio si serviranno di due uccelli, una cornacchia e un gracchio.
Aristofane confeziona una commedia allegra e frizzante, ricca d'umorismo: la città che intendono costruire, Nubicuculìa, non è altri che una Atene senza conflitti e senza guerre, possibile soltanto nel favoloso, libero mondo degli uccelli.
Una polemica mordace e chiassosa che punta a demistificare la città, con i suoi finti filosofi, con i suoi politici corrotti, un continuo alternarsi di feroci staffilate, battute volgari e stravaganti ambientazioni che miravano, a quel tempo, a scatenare l'ilarità degli spettatori giocando sul malumore che effettivamente li assaliva: meccanismo che, pur avendo perso un po' del suo candore satirico, rimane intatto anche agli occhi del lettore moderno, divertito dalla facile comicità delle scenette, intervallate dal coro durante le parabasi.
E proprio gli uccelli si renderanno partecipi di dialoghi buffoneschi, la loro voce è caratterizzata da suoni onomatopeici che certamente durante la rappresentazione dovevano apparire comici, pur rispettando il sostenuto impianto verbale e sintattico della commedia attica antica.
-Uno degli Dèi che vengono da Giove, s'è insinuato poco fa attraverso le porte, nell'aria, eludendo la vigilanza diurna dei corvi.
-Ma chi è questo Dio?
-Non lo sappiamo ancora. Però sappiamo che aveva tanto di ali.
-Bisognava mandargli subito contro squadre volanti!
-Abbiamo mandato trentamila corvi arcieri a cavallo e tutta l'intera razza degli aduncartigli!
-Che specie di carne è questa?
-Carne di uccelli che si sono ribellati a quelli democratici e sono stati condannati a morte.