Come un romanzo,
Daniel PennacI diritti imprescrittibili del lettore:
I. Il diritto di non leggere
II. II diritto di saltare le pagine
III. Il diritto di non finire un libro
IV. Il diritto di rileggere
V. Il diritto di leggere qualsiasi cosa
VI. Il diritto al bovarismo
VII. Il diritto di leggere ovunque
VIII. Il diritto di spizzicare
IX. Il diritto di leggere a voce alta
X. Il diritto di tacere
Pensavo che avrei sentito la mancanza di Malaussène.
Mi sbagliavo.
Daniel Pennac scrive in maniera incantevole.
In questo saggio sulla lettura ci delizia con aneddoti, riflessioni, ricordi, in cui ogni lettore (o, perché no, non lettore) si ritrova.
Noi, in quanto lettori, (status ottenuto faticosamente e socialmente utile al nostro orgoglio personale), godiamo di alcuni diritti da cui non si può prescindere.
Mi baso appunto su tali intime concessioni, per dimostrare come il rapporto tra il lettore ed il libro sia sempre individuale, speciale, segreto, ma racchiudibile in universali assiomi.
Quando ci piace un libro, ci eleviamo a sacerdoti incaricati di diffondere il verbo (“leggilo, è bellissimo!”), dimentichi di ogni forma di libero arbitrio letterario, cullati da un sano egoismo, possessori dell’unica verità.
E quanto ci piace dire che amiamo leggere, e quanto male giudichiamo quelli che leggono solo le istruzioni per il microonde. Cosa si perdono, pensiamo.
Eppure, Pennac ci rivela come la lettura (o la non lettura ) non sia un processo così automatico come potrebbe sembrare: intervengono spesso fattori esterni che modificano il nostro atteggiamento.
E questi diritti non sono altro che le sfaccettature di quel meccanismo oltremodo magico.
Abbiamo il diritto di non leggere, perché non ci va, perché preferiamo vedere un film, perché leggere non è un obbligo, è un istinto che si impossessa di noi, e non diciamo che non ne abbiamo il tempo perché non è vero, il tempo per leggere si trova sempre, come il tempo per mangiare, per dormire, per lavorare. Abbiamo il diritto di saltare il capitolo dell'incontro tra Rodolphe ed Emma, perché ci stiamo slogando la mandibola a forza di sbadigliare. Di lasciare Anna Karenina lì, coi suoi pensieri, perché dei suoi pensieri non ne possiamo più. Di rileggere mille volte le stesse righe, ogni volta con una nuova consapevolezza ed un antico amore. Di leggere qualsiasi cosa, anche i libri della Meyer (why not, ci si fa quattro risate). Di infatuarci di un libro, di un personaggio, in modo quasi ridicolo, semplice riflesso di una tentata evasione dalla realtà. Abbiamo il diritto di leggere sul treno col rischio di dimenticare il volume sul sedile. Di leggere nella vasca da bagno, e uscire col romanzo inzuppato come un biscotto. Il diritto di andare in libreria e leggere le ultime righe di un libro, guardinghi, temendo che qualcuno ci veda e ci giudichi. Di sentire il suono della nostra voce, mentre scorrono parole, righe, pagine, si disperdono nell’aria ma confluiscono tutte nella mente, nel cuore di chi le sa ascoltare.
Ed il diritto di tacere, dice Pennac.
Sacrosanta verità.
Perché a tutti piace tacere, a volte.
Voto: 7.5