Ubik -
Philip K. Dick"Io sono vivo, voi siete morti."Eccoci.
Siamo in un ipotetico futuro, ipotetico reale direi, denso di guerra e violenza.
Ci sono delle aziende.
Grandi aziende.
E ci sono delle spie, dotate di poteri paranormali, che tentano di carpire le informazioni più preziose da queste multinazionali.
Ci sono delle agenzie, che si occupano di neutralizzare le (para)spie.
In una di queste agenzie lavora Joe Chip.
Uno dei personaggi più sfigati di cui abbia mai letto. Sempre al verde, maniacalmente puntiglioso, privo di affetti, un tipo che di solito eviteresti insomma.
Un bel giorno, for affairs, lui e il suo capo fanno un ariostesco viaggio sulla Luna.
Lì inizieranno i guai, guai seri, per tutti.
Beh, si, perché tutto inizia a regredire.
Inesorabilmente.
Il mondo si fa grottesco, strano.
Accadono cose incredibili, la morte colpisce tutti, è follia.
La morte colpisce tutti, colpirà tutti, o ha già colpito tutti?
Semivita, semimorte, interregno, realtà parallela (o perpendicolare?), incongruenze, paranormalità, è tutto compenetrato, entropico.
Ma Ubik, cos’è?
Già, cos’è Ubik…
Lo so, non avete capito niente della trama.
E anche se vi sembra di aver capito, non è così. Fidatevi. E’ così per tutto il libro.
Del “poeta della catastrofe finale”, che delizioso soprannome gli han dato, avevo finora letto solo le celebri pecore elettriche. Banale e insufficiente retroterra dickiano, forse.
Ho così iniziato Ubik, gioiosa e volenterosa. Ce l’avevo lì sullo scaffale da tempo ormai, lo guardavo, anzi, lo vedevo. Ha aspettato un sacco di tempo, ha aspettato il suo momento, nell’effettività delle cose. E quando è arrivato, si è vendicato, lasciandomi completamente sgomenta.
Credo che allucinante sia uno degli aggettivi più adatti che la lingua italiana mi offre per descrivere questo libro.
Esulando cautamente dai residui emozionali che mi trascino, è una storia ruvida che rasenta il puro gusto dell’eclettico. Frammenti di realtà manipolata, deformata, si insinuano lentamente come un virus, per distruggere tutte le convinzioni su cui stavi costruendo il tuo giudizio. Non credo sia possibile fare una recensione che renda chiaro il senso del romanzo. Anche perché comporterebbe un’assolutizzazione della mia interpretazione, che distruggerebbe la libera scelta contenutistica. D’altronde quello che trasuda da ogni frase, in questo libro, è proprio una sensazione di vaghezza, come un avvertire che c’è qualcosa, ma cosa?, che non quadra, che non torna..
Mi ripeto.
Allucinante.
Voto: 8