CUORE DI TENEBRA, J.Conrad

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tiresia5
view post Posted on 29/3/2010, 07:41




"Cuore di tenebra" di Joseph Conrad
Romanzo, 1902, pag. 350

L’idea del viaggio e del percorso a ritroso pervade Marlow nella maturità, un’idea che nasce dalle carte geografiche e dal fiume che come un serpente, biblicamente, si insinua nel corpo dell’africa. La smania spasmodica dell’uomo dell’occidente per quel mistero pervaso dalle acque si incontra con il nulla dei primordi di se stesso. Conrad contestualizza il racconto, siamo alla fine dell’ottocento, una compagnia Belga sfrutta il territorio del Congo, la popolazione locale è assoggettata, asservita, annichilita dalla commercializzazione dell’avorio. All’interno del territorio domina un personaggio carismatico e mitico, Kurtz evocato da tutti, come quei personaggi della tradizione epica orale, così d’altronde la sua storia è narrata di racconto in racconto nella costruzione del libro. Questa è una storia di parole, di evocazione, di mantenimento della memoria:
Marlow, incontrando diversi personaggi, si inoltra nel cuore del fiume che penetra la foresta congolese, che Conrad rende viva, perchè la fa respirare, urlare, muovere come un corpo vivo, e sperimenta, passo passo, la spoliazione del suo essere cittadino moderno, uomo economico, uomo della storia, uomo dell’occidente industrializzato.
Marlow è colui che facendo esperienza comunque non attraversa il limitare della wilderness diversamente dal suo doppio Kurtz che ne è immerso e fagocitato, smodatamente stravolto in un superomismo esagerato. Kutrz è senza limite oltre il limite, Marlow è dentro le regole e vede il limite, Marlow è ancorato alla devozione all’efficienza che salva l’uomo e che lo tiene a galla, quell’efficienza che è il lavoro, la meticolosità del lavoro (nel libro Marlow passa tre mesi ad aggiustare la sua barca di fiume): “L' efficienza, ossia il lavoro, apre le porte alla conoscenza di noi stessi; e la conoscenza di noi stessi, è un modo come un altro per esprimere amore: Ci avevo tanto faticato attorno che avevo finito per amarlo.... Marlow è, dunque, un paradossale eroe del beruf weberiano radicalizzato dal rapporto con il selvaggio ambiente africano”. Asor Rosa

Ma Cuore di tenebra è un grande viaggio dentro l’uomo, il suo fascino è questo: ci sono 3 tipologie di uomini, il direttore e i pellegrini, gli uomini normali che lucrano, distruggono, sono inconsapevoli e disinteressati se non alla medietà (mediocrità?) dell’uomo, all’accumulo, allo sfruttamento, alla bassa logica commerciale; Marlow il testimone che sfiora la verità vedendola esperita nell’altro e che nell’ossequio delle regole e nella forza dell’efficienza trova l’ancora del vivere; Kurtz il titano, colui che si immerge alle foci della realtà dell’uomo rischiando in prima persona la follia e l’orrore. Kurtz nella sua ambiguità è l’uomo nudo ed è ambiguo perchè legato visceralmente al cuore della foresta di cui segue il richiamo irresistibile, ma incapace, nello stesso tempo, di recidere i contatti con l’occidente, egli infatti si farà riprendere da Marlow e si farà portare via impedendo l’intervento dei nativi.
Questa dualità è anche sottolineata dalle due donne di Kurtz, l’una l’angelo bianco alto borghese che si avviluppa in una menzogna cercata, l’altra la donna selvaggia, quasi violenta, carnale e magnetica che non si arrende alla partenza del suo uomo.

E quell’ultima frase, che orrore vede Kurtz? L’orrore della violenza che ha disperso, l’orrore della morte, l’orrore della pochezza dell’uomo, l’orrore dell’inutilità dell’antropocentrismo, l’orrore del nulla creato dall’uomo della storia moderna con l’accanirsi dietro a denaro, commercio, potere al momento in cui la storia si ferma in quella sceggia impazzita nel centro dell’africa, l’orrore della verità, l’orrore del vuoto, l’orrore della paura.

Ricordo dagli studi la lettura della vicenda alla luce del Ramo d’oro di Frazer: Kurtz sarebbe il capo villaggio che ha rovesciato le regole tribali: quando il capo si ammala generalmente il suo successore lo uccide cibandosi delle sue carni assorbendo le sue qualità, Kurtz invece avrebbe cambiato lo schema, il capo malato si ciba delle carni di giovani nel pieno del vigore per assorbirne la forza e la vitalità

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Edited by LordDunsany - 20/10/2010, 01:01
 
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view post Posted on 19/10/2010, 23:52
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Sapiente Malizioso
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Qui di succulento ci sono solo queste due splendide recensioni :D
 
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view post Posted on 22/10/2010, 18:09
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Lascia ch'io pianga, mia cruda sorte, e che sospiri la libertà
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Grazie mille. :)

Mi dispiace solo sia un libro non amato dai più...per me è una di quelle letture da affrontare almeno una volta nella vita, ovviamente nel dovuto momento.
 
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view post Posted on 23/10/2010, 01:07
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Sapiente Malizioso
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CITAZIONE (La Venere di cioccolato @ 22/10/2010, 19:09)
Grazie mille. :)

Mi dispiace solo sia un libro non amato dai più...per me è una di quelle letture da affrontare almeno una volta nella vita, ovviamente nel dovuto momento.

Io credo d'averlo affrontato troppo giovane, ne ho un ricordo sbiaditissimo, si ripropone perciò il solito dubbio: rilettura o avanti a legger qualcosa di nuovo?
 
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view post Posted on 25/10/2010, 18:32
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Io ti direi di provare a leggerlo di nuovo, anche se, devo ammetterlo, non sono un amante delle riletture.
Di solito non rileggo mai per intero un libro, l’ho fatto una sola volta(“il nome della rosa”) perché obbligata da imposizioni scolastiche.
Perché non lo faccio? Difficile a dirsi, forse perché, a differenza di molti, non riesco a ri-emozionarmi…mi capita con la musica, con la poesia, ma non con la narrativa...molto probabilmente ho un modo di vivere le emozioni diverse da altri, mi piace leggere sempre libri nuovi, ricercare sempre nuovi stimoli, nuove sensazioni.
Mi capita spesso di aprire libri già letti e rileggermi qualche pagina qui e là, notando elementi che magari mi erano sfuggiti, cerco di ricordare le frasi che mi colpiscono di più, però non rileggo, preferisco rimanere nel ricordo di ciò che è stato.
Allo stesso modo non riesco a rileggere un libro che ho abbandonato…il libro che non s’è fatto amare subito, non verrà mai amato da me, perché per quanto io possa cambiare, per quanto il dolore, l’amore, la noia, possano rendermi quasi irriconoscibile, quelle corde, le più intime, le più profonde, le sole da toccare, quelle vibrano una volta sola.
 
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4 replies since 29/3/2010, 07:41   460 views
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