L'UOMO CHE RIDE -
Victor Hugo1869
Odiare è difficile quanto amareE’ la seconda volta che piango per un libro.
La prima volta accadde mesi fa con “Love Story” di Segal, allora stavo attraversando un momento molto particolare della mia vita e questo libro fu per me una piccola cura, una specie di sollievo giunto a lenire le piccole ferite della mia anima.
Ora piango per rabbia, piango per il destino che, proprio nel momento in cui siamo felici, in cui pensiamo di aver ottenuto finalmente ciò che aneliamo da una vita, ce lo porta via impietosamente, piango perché da questo romanzo ho capito ancora una volta cosa significhi sentirsi soli, sentirsi diversi, sentirsi non amati per ciò che siamo realmente, ma per ciò che rappresentiamo per gli altri.
Inghilterra XVII secolo.
A quei tempi era diffusa e tollerata una pratica a dir poco barbara, acquistare fanciulli, mutilarli e storpiarli orribilmente e usarli come fenomeni da baraccone nelle fiere o nei circhi itineranti.
Questa è la crudele sorte toccata a Lord Ciancharlie, figlio legittimo di un ricco nobile e sopravvissuto miracolosamente alla morte dei genitori.
Il bambino viene abbandonato dai suoi carnefici su una scogliera, dove, miracolosamente scampato alla forza degli elementi, riesce a mettere in salvo una neonata sopravvissuta alla morte della madre, una mendicante, assiderata nella neve.
Sarebbero di certo morti se Ursus, uno stravagante e vecchio saggio, non li avesse accolti nel suo carrozzone e, anni dopo, fatti lavorare come attori sotto la sua sapiente guida.
I due ragazzi, sotto la tutela del vecchio crescono in perfetta simbiosi…il ragazzo, un giovane di alta statura e ben strutturato, ma con un volto sfregiato ad arte e atteggiato a eterno riso,un volto che non si può guardare senza scoppiare a ridere, la ragazza una bellissima, soave, eterea fanciulla, quasi proveniente da un altro mondo.
Lei è cieca, non vede il volto del ragazzo, percepisce solo la sua anima, un’anima buona, gentile, raffinata e se ne innamora perdutamente, ricambiata dal giovane, che vede quest’amore come una sorta di benedizione dal cielo.
Ma come in tutte le tragiche storie d’amore, l’idillio è destinato a finire presto:il giovane viene riconosciuto da una contessa come legittimo figlio del nobile Lord Chanciarlie e portato al suo castello.
Per il giovane inizia una nuova vita, un’esistenza che ben presto lo soffoca, dalla quale scappa per tornare dalla sua amata, la sua unica ragione di vita.
Ma è troppo tardi, un destino crudele e beffardo si è abbattuto du di loro come un uragano, spazzando via in un attimo tutta la loro felicità.
Un capolavoro assoluto, visionario, onirico e crudele.
Un insegnamento di vita da parte di Hugo…l’uomo d’animo nobile, racchiuso in un corpo mostruoso, ripugnante a vedersi, amato da una persona che non ha il potere di giudicare attraverso l’aspetto, fa capire a tutti noi quanto spesso, soprattutto nella nostra società odierna, ci facciamo condizionare dall’apparenza.
Anche il più ripugnante dei mostri possiede un’anima, piange, ride, soffre e ha diritto di amare ed essere amato, perché ogni essere umano è speciale, al di là del suo aspetto e del suo carattere.
L’amore dei due ragazzi, così puro, così “vero” fa da contrasto alla crudeltà delle classi aristocratiche, alla vacuità dei loro animi, alla loro crudeltà per nulla metaforica, ai loro poveri sentimenti che tentano di nascondere sotto merletti e pizzi vari.
E come in “Notre-Dame” alla fine avvertiamo un’amarezza e un pessimismo che ci lasciano sconvolti, la consapevolezza che nulla esiste, in cui Dio è un essere incomprensibile e nemico, che viviamo in una sorta di Universo dominato dall’ingiustizia, dal caos, dove non vi è consolazione, soprattutto per chi non ha avuto la fortuna di nascere uguale agli altri.
Un libro che fa riflettere sulla superficialità umana, dedicato a tutti quelli che si sentono “buttati fuori” da questa società perché non rispettano “certi canoni”.
Agghiacciante e commovente.
Voto: 9