NON SI SEVIZIA UN PAPERINO (1972, ITA) di
Lucio FulciTomas Milian (Andrea Martelli), Florinda Bolkan (la maciara), Barbara Bouchet (Patrizia), Irene Papas (madre don Alberto), Marc Porel (don Alberto), George Wilson (zio Francesco), Vito Passeri (scemo del paese), Antonello Campodifiori (tenente carabinieri), Ugo D'Alessio (maresciallo carabinieri)
SPOILER Accendura (in realtà Monte Sant’Angelo, FG) è un piccolo paesino montano del profondo sud alcuni ragazzini come massimo svago s’accontentano di giocare a calcio in parrocchia, oppure di spiare l’arrivo dalla città di alcune prostitute ivi giunte per soddisfare i bisogni di qualche adulto. Nel frattempo tre piccole bambole di nero vestite vengono trafitte da innumerevoli spilloni. Bruno, un ragazzo del luogo, viene rapito; giunge una richiesta di riscatto, al momento della consegna dei soldi viene arrestato lo “scemo del paese” il quale porterà i carabinieri in un bosco dove aveva seppellito il cadavere del rapito. Il “matto” però continua ad affermare di aver trovato la vittima già morta strangolata e di aver solo tentato di trarne qualche vantaggio monetario. Anche un giornalista di Milano, Andrea, giunge per scrivere un articolo su questo caso. Nel paesino non sfugge nemmeno la presenza di Parizia, giovane e bella figlia di un industriale del nord mandata ad Accendura per tenersi lontana dai suoi problemi con gli stupefacenti. Il giorno seguente un secondo ragazzino, Tonino, è trovato strangolato fatto che scagiona il “matto”. Nel frattempo vediamo l’avvenente Patrizia provocare, nuda, il giovane Michele, figlioletto dei servitori della ragazza. Lo stesso Michele verrà attirato da una telefonata fuori casa sotto un’acquazzone ed anch’esso verrà ucciso. Nella chiesa del paesino si tiene un funerale cui partecipano tutti i residenti, ma quando durante la cerimonia celebrata da don Alberto, una donna si mette a gridare “l’assassino è qui”, vediamo una donna lasciare furtivamente la chiesa. Ripresa dalle telecamere poste fuori dall’edificio viene rintracciata e fermata, è la “maciara”, un sorta di maga del paese. La maciara ammette d’aver ucciso i tre ragazzini tramite le sue arti magiche (infatti era lei che aveva riempito le tre bambole di spilloni); il motivo era dato dal fatto che i ragazzini avevano profanato più volta la tomba di fortuna che la maciara aveva predisposto per la sua figlioletta avuta anni prima col santone del paese (ovvero zio Francesco che in una scena precedente avevamo visto incontrare Patrizia nella di lui casa sui monti). La donna viene però scagionata da un appuntato e quindi messa in liberta; mentre si reca a far visita alla sua piccola i genitori dei bambini morti la bloccano nel cimitero e la brutalizzano con crudeltà. La maciara riesce a trascinarsi sul bordo della strada, ma nessuna delle molte macchine che transitano si ferma per soccorrerla. Un ragazzino decide di andare dove ci sono le prostitute; mentre è per strada incontra Patrizia che ha bucato e le da una mano per cambiare la gomma. Don Alberto preoccupato della mancanza del ragazzino parte per cercarlo e lo trova morto presso la riva d’un fiume. Aggirandosi sul luogo del delitto Andrea trova un accendino d’oro; facendo finta di niente va da Patrizia e glielo mostra, Patrizia ne ammette la proprietà ma è evidentemente estranea a questo e agli altri delitti; infatti guardando il giornale con la foto del delitto Andrea nota la testa di un pupazzo, un paperino che Patrizia aveva regalato a Malvina, la sorellina sordomuta di don Alberto. I due si recano a casa della bambina pensando la stessa abbia visto l’assassino in volta provando poi a riprudurne le gesta, ma la madre è molto restia a dare informazioni di qualsiasi tipo. Ritiratisi Andrea riceve una telefonata da don Alberto che gli dice che sua madre e Malvina sono sparite; Andrea e Patrizia partono alla ricerca e alla fine fuori dal paesello trovano una casetta in cima ad una rupe; dalla porta esce don Andrea con in braccio Malvina, poco dietro v’è la madre ferita che chiede ad Andrea di fermare il figlio. Mediante alcuni flashback don Alberto ci spiega che è lui il killer e ha fatto tutto per preservare la purezza dei ragazzi; durante la colluttazione con Andrea il prete finirà nel burrone sfracellandosi sulle rocce.
Fulci propone una locazione nuova per il cinema italiano, il profondo sud; qui sembra tutto immobile ed immutato da sempre. Sono i diversi (lo scemo del paese, la maciara, Patrizia) ad esser ingiustamente emarginati, mentre il più normale di tutti, il parroco, è il vero mostro. I bambini sono visti, cosa inusuale, con sguardo realistico; si comportanto come adulti, sanno bene cosa sia “il peccato”, fumano, spiano i grandi; il sacerdote vorrebbe mantenerli puri, innocenti. Ma è la piccolezza dell’animo umano ad esser condannato, un magistrato farà notare ad un certo punto come fossero riusciti a costruir strade ma non a togliersi stupidi pregiudizi e credenze. Ne risulta un thriller-nero ben sceneggiato, diretto da un regista che ben conosceva i meccanismi del thrilling riuscendo a fondere in esso i temi a lui cari: morbosità, peccato, erotismo, repressione del diverso, l’innocenza. Suspence, atmosfera malsana, tensione narrativa (anche se si può intuire già a metà chi sia il/la colpevole), ambientazione, montaggio ben fatto e buonissima interpretazione degli attori sono le assi portanti di quest’opera. Spicca tra le varie scene (gli omicidi dei ragazzini sono mai mostrati, basta la visione dei vari cadaveri a suscitare angoscia nello spettatore) quella dell’omicidio della maciara (e non magiara come ho letto su alcuni testi e testi), interpretata da Florinda Bolkan; ho visto decine di questi film, ma raramente ho avuto sotto gli occhi un momento di così inaudita violenza. La maciara viene massacrata a bastonate e catenate e quando è ancora in vita è uccisa una seconda volta dall’indiffferenza dei passanti che non vogliono rovinarsi la vacanza). Per la parte del bambino con Barbara Bouchet nuda il regista fu portato in tribunale vincendo poi la causa poiché riuscì a dimostrare che venne usato un nano adulto come controfigura per quella parte (Domenico Semeraro). Fulci al suo terzo film thriller colpisce lo spettatore nelle sue certezze, nei suoi usi e consuetudini, firmando uno dei più bei film italiani di genere, riuscendo a differenziarsi dallo stile “argentiano”. Ovviamente ne consiglio la visione.
VOTO 7,5
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