IL GATTO A NOVE CODE(Italia 1971) di Dario Argento con Karl Malden, James Franciscus, Catheerine Spaak, Tino Carraro, Cinzia De CarolisUn giallo tinto di noirTorino, 1971.
Una sera, mentre sta passeggiando con la nipotina di undici anni davanti a un istituto di ricerche genetiche, Franco Amò, un non vedente che si guadagna da vivere facendo cruciverba e puzzels, ascolta per caso una conversazione tra due uomini seduti in macchina.
Poco tempo dopo, qualcuno s'introduce nel centro di ricerche e ruba una preziosa formula, uccidendo il custode del centro.
Il giorno dopo Amò torna nei pressi dell'edificio e incontra Carlo Giordani, un giornalista a caccia di scoop.
I due avviano una proficua collaborazione quando un altro medico dell'istituto viene misteriosamente ucciso...da allora s'imbatteranno in una sanguinosa catena di omicidi, che sembrano avere come punto in comune proprio gli impiegati di quel centro di ricerche...
Forse è il film meno riuscito di Dario Argento, forse non rispetta l’intreccio del giallo classico, forse il tutto avviene troppo precipitosamente nei primi quindici minuti, ma nonostante tutto ciò siamo davanti a un grandissimo film, a mio parere uno dei migliori del regista italiano, che non ha mai ricevuto i giusti riconoscimenti, che ha sempre vissuto ingiustamente all’ombra di “Profondo Rosso”.
Un film che meriterebbe molta più considerazione, un film che ti cattura, che ti trascina in un vortice d’orrore da quale non riesci a liberarti.
Dario Argento con maestria è riuscito a costruire un piccolo gioiello, in cui tutto è curato in modo quasi maniacale, a partire dalle tetre ambientazioni, una Torino angusta, opprimente, quasi claustrofobica, resa alla perfezione da un’eccellente fotografia, ad alcune sequenze d’antologia (
la scioccante scena del dottore gettato sotto il treno, una scena che all’epoca avrà fatto stringere parecchi stomaci, non tanto per i fiumi di sangue versato, ma per la sensazione dolorosissima di fugacità, la morte così improvvisa che riesce a farti sentire le ossa che si stritolano nella morsa delle rotaie impazzite, all’omicidio del fotografo, una scena priva di splatter ma con una forza visiva davvero impressionante, al giornalista chiuso nella cripta con un morto che ha appena profanato, per arrivare infine allo splendido finale, un’incredibile sequenza sui tetti di Torino, che richiama il cinema di Hitchcock con una disinvoltura inaspettata, fino all'orribile morte del colpevole
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Le straordinarie musiche di Ennio Morricone fanno il resto, ora macabre e spettrali, ora quasi jazzate, perfette nel ritmo e nell'adattarsi idealmente a ogni scena.
Un film talmente crudo, talmente forte visivamente, così incredibilmente macabro e dal ritmo perfetto da far innamorare anche chi non è amante del genere.
Un film da riscoprire e da rivalutare.
Piccola curiosità la bambina che interpreta la nipote di Franco Arnò è una giovanissima Cinzia de Carolis, la futura "voce" di Lady Oscar, di Bia e di Geena Davis.
Voto: 8.5