Tenera è la notte -
Francis Scott FitzgeraldPrima di esporre le mie impressioni su questo volume, ritengo doveroso specificare che la versione di "Tender is the night" su cui mi baso è quella che Fitzgerald pubblicò nel 1934, l'ultima curata dall'autore e tradotta nel 1949.
L'opera fu soggetta negli anni a numerosi rimaneggiamenti, talvolta fu pesantemente revisionata, cambiarono titoli, personaggi, ambientazioni, e tra i vari manoscritti non sempre pubblicati si evince l'onnipresente insoddisfazione dell'autore riguardo i risultati ottenuti. Non è lecito pensare che quest'ultima versione fosse la migliore. Tuttavia l'ottima ricostruzione cronologica effettuata da Fernanda Pivano nell'introduzione al testo evidenzia che le precedenti stesure furono i passi di un percorso che porta inevitabilmente ad una storia come quella di Dick Diver.
L'opera è suddivisa in tre libri, e per una prima, parziale focalizzazione posso dire che il protagonista è Dick Diver, un brillante psichiatra americano che sposa una sua ricchissima paziente, affetta da pesanti nevrosi; il carico emozionale di Dick, individuo più fragile e insicuro di quanto non voglia far trasparire, si lega all'incredibile disponibilità di denaro offerta dal patrimonio di famiglia della giovane moglie, un lusso incontenibile che toglie ogni vitalità ad un'esistenza votata al nulla, un cancro che intacca ogni stimolo portando animi nobili o depravati nella comune tomba del fallimento.
Potrei fermarmi qui. Questo romanzo è considerato da tanti un capolavoro, da alcuni altri una storiella frivola, ci saranno quelli che lo ritengono uno "spaccato di vita crudo e drammatico", altri "una storia d'amore che trascina via ogni cosa", et similia. Tanto è stato detto su questo libro (touché), ma io userò questo spazio per violentarlo, strattonarlo, accusarlo, perdonarlo, condannarlo sulla unica base del mio giudizio.
Ho trovato la lettura di "Tender is the night" a dir poco nauseante.
Riporto qui una frase verosimilmente pronunciata dall'autore:
<<il libro pur cominciando in modo lirico si sviluppa presto in un dramma pesante.>>.
Scusate se mi permetto di contraddire, ma come ho già precedentemente spiegato il volume consta di tre libri: la parte che Fitzgerald definisce "lirica", laddove riterrei più appropriato il termine "insulsa", occupa tutto il primo libro; quello che potrebbe sembrare un prologo, che introduce i protagonisti da lontano, sporca le prime 135 pagine della mia bella edizione blu. Forse saremo in disaccordo con le proporzioni, ma mi sembra veramente troppo per un'introduzione che per giunta ha come protagonista un personaggio femminile che Fitzgerald, in una lettera di suo pugno, spiega essere un semplice agente catalizzatore che si è premurato di eliminare per la quasi totalità dei restanti due libri in modo tale da non proseguire il testo con la stessa banalità. Del resto il suddetto agente che dovrebbe catalizzare l'attenzione del lettore è stato per me il primo (ma non unico) ostacolo da superare nella coraggiosa battaglia contro l'abbandono a tempi migliori: Rosemary Hoyt è l'eroina in questione. Una diciassettenne graziosa, stucchevole, vuota, inesperta riguardo ogni forma di quieto vivere, coccolata dal successo per la sua nascente carriera di attricetta da drammoni, una poveretta che è capace di "innamorarsi follemente" di una persona avendola vista da un chilometro di distanza, una aspirante gatta morta che ci sottopone a dialoghi al limite del ridicolo, come: <<non amo che te, mamma cara.>>. Occhi sgranati, mi rigiro il volume tra le mani pensando di aver sbagliato libro. No no, è proprio Fitzgerald. E continua così.
L'ambientazione non riscuote in me il minimo fascino, si tratta di una Costa Azzurra in decomposizione, la rigogliosa tappezzeria di palme, eucaliptus, siepi di rosmarino, incornicia una grande famiglia di spiaggianti americani, tutti immancabilmente tormentati da turbe mentali di diverso genere (non si incontra nessuno di normale, da quelle parti?), tutti oppressi dalla moda di un Dopoguerra che in Hemingway assume i colori di una generazione perduta e disincantata, mentre qui prende la forma di una patologia collettiva; sembra un paradiso di plastica per anime infelici, i bagnanti scendono grandi polverosi vialoni per arrivare alla spiaggia lasciandosi dietro le pallide facciate dei lussuosi alberghi in cui ostentano tutta la loro ricchezza e tutto il loro malessere. Rosemary intraprende subito rapporti strettissimi con tutti i presenti, non v'è nessuno che non la adori, ma perchè? Ah, giusto, lei è l'agente catalizzatore.
L'Europa, l'Italia, la Svizzera, Parigi, questi sono gli scenari, descritti di volta in volta con tale minuziosità (aggraziata, devo ammetterlo) da risultare quasi stereotipati; esco, provata, dal primo libro, con la speranza di non rivedere mai più Rosemary. Vengo quasi accontentata. Tutto quello che ho letto finora, andava eliminato.
Entriamo nel vivo (?) del romanzo, e facciamo la conoscenza dei protagonisti, quelli veri, che ci accompagneranno fino alla fine: Dick e Nicole.
Ora, risulterà lampante che la denuncia di Fitzgerald sia rivolta alla corruzione morale, o ad una più ampia disintegrazione intima, causata dalla ricchezza sfrenata; il lusso uccide, provoca ansia da prestazione laddove la prestazione è la vita, avvelena i propositi, soffoca le persone trascinandole da un albergo all'altro, da un bar all'altro, ubriacandosi di gin e dolore.
Il messaggio è chiaro, condivisibile, forte. Ma è necessario travestirlo da dramma psicologico-esistenziale?
Una lunga parte retrospettiva è dedicata alla degenza di Nicole, al suo incontro con Dick, alla sua malattia; estenuante. Le pagine scorrono via pesanti, nervose, troppo inchiostro per parlare della sua schizofrenia, dei suoi sbalzi d'umore, delle sue crisi non identificate, il lettore si ritrova spiazzato di fronte ad un rapporto strano, come tra una vittima e un carnefice.
Chi ama chi? Dick ama Nicole, ama Rosemary, ama Baby, ama sè stesso? Non si sa, nessuno lo sa. Nicole è ancora malata, o è uscita dal guscio in cui la violenza l'ha rinchiusa? Tanto tempo a ricostruire le debolezze di lei, ad esprimere la stanchezza di un Dick stremato dal suo doppio ruolo di marito-medico, possessore per finta di enormi inutili capitali, un uomo stressato dal mondo ma che non perde mai la calma, e poi? In pochissime pagine tutto si ribalta. Nicole improvvisamente dimostra una fermezza nel cambiare vita, tale da portarmi a chiedermi se per caso quella bimba travestita da donna non sia la stessa che ora prende in mano la situazione. Mi venga pure detto che il fallimento di Dick uomo era un profumo che si sentiva già da tanto: ne convengo. Ma ho sopportato pagine e pagine di nulla, di sbronze, di dialoghi assurdi, di menose riflessioni, di macchiette inutili, di feste imbarazzanti, per vedere poi tutto risolto come per incanto nelle ultime dieci pagine? Il mutamento di Dick era un substrato ingombrante che lottava per uscire, ed emerge in tutta la sua cattiveria e drammaticità; ma il cambiamento di Nicole è un insulto alla pazienza del lettore, che talvolta ha dovuto addirittura decifrare i flussi di coscienza della ragazza, ricordi sconnessi e mal organizzati, che saranno eletti a baluardo di realismo letterario da intellettuali scalpitanti, ma che ad una persona normale che apprezza la raffinatezza espressiva e contenutistica sembreranno un pot-pourri indecente, dove sarebbe stato meglio indagare sul disagio dei Diver con più chiarezza e meno allegorismo. Recidere dal mazzo una miriade di personaggi inutili, che non interessano, non servono, i McKisko in primis. Sfoltire.
Finto-patinato, epopea del fallimento in pillole, pretende di dare troppo ad un lettore che ha innanzitutto bisogno di capire: salvo il personaggio di Dick, che andava messo a fuoco da punti di vista differenti, senza sottoporlo alla claudicante andatura dei pensieri delle protagoniste femminili, senza torturarlo con quesiti inutili sulla differenza tra amore e affetto, sotto il fango c'era un personaggio che andava sfruttato meglio nelle sue infinite potenzialità, come un anti-eroe d'altri tempi. Ho apprezzato anche alcune parti descrittive, in cui emerge l'abilità poetica di Fitzgerald, che però non basta a salvare questo bazar psichiatrico.
Bocciato.
Voto: 4