TENERA E' LA NOTTE, F. S. Fitzgerald

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Baba1989
view post Posted on 30/7/2010, 20:11




Tenera è la notte - Francis Scott Fitzgerald

Prima di esporre le mie impressioni su questo volume, ritengo doveroso specificare che la versione di "Tender is the night" su cui mi baso è quella che Fitzgerald pubblicò nel 1934, l'ultima curata dall'autore e tradotta nel 1949.
L'opera fu soggetta negli anni a numerosi rimaneggiamenti, talvolta fu pesantemente revisionata, cambiarono titoli, personaggi, ambientazioni, e tra i vari manoscritti non sempre pubblicati si evince l'onnipresente insoddisfazione dell'autore riguardo i risultati ottenuti. Non è lecito pensare che quest'ultima versione fosse la migliore. Tuttavia l'ottima ricostruzione cronologica effettuata da Fernanda Pivano nell'introduzione al testo evidenzia che le precedenti stesure furono i passi di un percorso che porta inevitabilmente ad una storia come quella di Dick Diver.

L'opera è suddivisa in tre libri, e per una prima, parziale focalizzazione posso dire che il protagonista è Dick Diver, un brillante psichiatra americano che sposa una sua ricchissima paziente, affetta da pesanti nevrosi; il carico emozionale di Dick, individuo più fragile e insicuro di quanto non voglia far trasparire, si lega all'incredibile disponibilità di denaro offerta dal patrimonio di famiglia della giovane moglie, un lusso incontenibile che toglie ogni vitalità ad un'esistenza votata al nulla, un cancro che intacca ogni stimolo portando animi nobili o depravati nella comune tomba del fallimento.

Potrei fermarmi qui. Questo romanzo è considerato da tanti un capolavoro, da alcuni altri una storiella frivola, ci saranno quelli che lo ritengono uno "spaccato di vita crudo e drammatico", altri "una storia d'amore che trascina via ogni cosa", et similia. Tanto è stato detto su questo libro (touché), ma io userò questo spazio per violentarlo, strattonarlo, accusarlo, perdonarlo, condannarlo sulla unica base del mio giudizio.

Ho trovato la lettura di "Tender is the night" a dir poco nauseante.
Riporto qui una frase verosimilmente pronunciata dall'autore:
<<il libro pur cominciando in modo lirico si sviluppa presto in un dramma pesante.>>.
Scusate se mi permetto di contraddire, ma come ho già precedentemente spiegato il volume consta di tre libri: la parte che Fitzgerald definisce "lirica", laddove riterrei più appropriato il termine "insulsa", occupa tutto il primo libro; quello che potrebbe sembrare un prologo, che introduce i protagonisti da lontano, sporca le prime 135 pagine della mia bella edizione blu. Forse saremo in disaccordo con le proporzioni, ma mi sembra veramente troppo per un'introduzione che per giunta ha come protagonista un personaggio femminile che Fitzgerald, in una lettera di suo pugno, spiega essere un semplice agente catalizzatore che si è premurato di eliminare per la quasi totalità dei restanti due libri in modo tale da non proseguire il testo con la stessa banalità. Del resto il suddetto agente che dovrebbe catalizzare l'attenzione del lettore è stato per me il primo (ma non unico) ostacolo da superare nella coraggiosa battaglia contro l'abbandono a tempi migliori: Rosemary Hoyt è l'eroina in questione. Una diciassettenne graziosa, stucchevole, vuota, inesperta riguardo ogni forma di quieto vivere, coccolata dal successo per la sua nascente carriera di attricetta da drammoni, una poveretta che è capace di "innamorarsi follemente" di una persona avendola vista da un chilometro di distanza, una aspirante gatta morta che ci sottopone a dialoghi al limite del ridicolo, come: <<non amo che te, mamma cara.>>. Occhi sgranati, mi rigiro il volume tra le mani pensando di aver sbagliato libro. No no, è proprio Fitzgerald. E continua così.
L'ambientazione non riscuote in me il minimo fascino, si tratta di una Costa Azzurra in decomposizione, la rigogliosa tappezzeria di palme, eucaliptus, siepi di rosmarino, incornicia una grande famiglia di spiaggianti americani, tutti immancabilmente tormentati da turbe mentali di diverso genere (non si incontra nessuno di normale, da quelle parti?), tutti oppressi dalla moda di un Dopoguerra che in Hemingway assume i colori di una generazione perduta e disincantata, mentre qui prende la forma di una patologia collettiva; sembra un paradiso di plastica per anime infelici, i bagnanti scendono grandi polverosi vialoni per arrivare alla spiaggia lasciandosi dietro le pallide facciate dei lussuosi alberghi in cui ostentano tutta la loro ricchezza e tutto il loro malessere. Rosemary intraprende subito rapporti strettissimi con tutti i presenti, non v'è nessuno che non la adori, ma perchè? Ah, giusto, lei è l'agente catalizzatore.
L'Europa, l'Italia, la Svizzera, Parigi, questi sono gli scenari, descritti di volta in volta con tale minuziosità (aggraziata, devo ammetterlo) da risultare quasi stereotipati; esco, provata, dal primo libro, con la speranza di non rivedere mai più Rosemary. Vengo quasi accontentata. Tutto quello che ho letto finora, andava eliminato.
Entriamo nel vivo (?) del romanzo, e facciamo la conoscenza dei protagonisti, quelli veri, che ci accompagneranno fino alla fine: Dick e Nicole.
Ora, risulterà lampante che la denuncia di Fitzgerald sia rivolta alla corruzione morale, o ad una più ampia disintegrazione intima, causata dalla ricchezza sfrenata; il lusso uccide, provoca ansia da prestazione laddove la prestazione è la vita, avvelena i propositi, soffoca le persone trascinandole da un albergo all'altro, da un bar all'altro, ubriacandosi di gin e dolore.
Il messaggio è chiaro, condivisibile, forte. Ma è necessario travestirlo da dramma psicologico-esistenziale?
Una lunga parte retrospettiva è dedicata alla degenza di Nicole, al suo incontro con Dick, alla sua malattia; estenuante. Le pagine scorrono via pesanti, nervose, troppo inchiostro per parlare della sua schizofrenia, dei suoi sbalzi d'umore, delle sue crisi non identificate, il lettore si ritrova spiazzato di fronte ad un rapporto strano, come tra una vittima e un carnefice.
Chi ama chi? Dick ama Nicole, ama Rosemary, ama Baby, ama sè stesso? Non si sa, nessuno lo sa. Nicole è ancora malata, o è uscita dal guscio in cui la violenza l'ha rinchiusa? Tanto tempo a ricostruire le debolezze di lei, ad esprimere la stanchezza di un Dick stremato dal suo doppio ruolo di marito-medico, possessore per finta di enormi inutili capitali, un uomo stressato dal mondo ma che non perde mai la calma, e poi? In pochissime pagine tutto si ribalta. Nicole improvvisamente dimostra una fermezza nel cambiare vita, tale da portarmi a chiedermi se per caso quella bimba travestita da donna non sia la stessa che ora prende in mano la situazione. Mi venga pure detto che il fallimento di Dick uomo era un profumo che si sentiva già da tanto: ne convengo. Ma ho sopportato pagine e pagine di nulla, di sbronze, di dialoghi assurdi, di menose riflessioni, di macchiette inutili, di feste imbarazzanti, per vedere poi tutto risolto come per incanto nelle ultime dieci pagine? Il mutamento di Dick era un substrato ingombrante che lottava per uscire, ed emerge in tutta la sua cattiveria e drammaticità; ma il cambiamento di Nicole è un insulto alla pazienza del lettore, che talvolta ha dovuto addirittura decifrare i flussi di coscienza della ragazza, ricordi sconnessi e mal organizzati, che saranno eletti a baluardo di realismo letterario da intellettuali scalpitanti, ma che ad una persona normale che apprezza la raffinatezza espressiva e contenutistica sembreranno un pot-pourri indecente, dove sarebbe stato meglio indagare sul disagio dei Diver con più chiarezza e meno allegorismo. Recidere dal mazzo una miriade di personaggi inutili, che non interessano, non servono, i McKisko in primis. Sfoltire.
Finto-patinato, epopea del fallimento in pillole, pretende di dare troppo ad un lettore che ha innanzitutto bisogno di capire: salvo il personaggio di Dick, che andava messo a fuoco da punti di vista differenti, senza sottoporlo alla claudicante andatura dei pensieri delle protagoniste femminili, senza torturarlo con quesiti inutili sulla differenza tra amore e affetto, sotto il fango c'era un personaggio che andava sfruttato meglio nelle sue infinite potenzialità, come un anti-eroe d'altri tempi. Ho apprezzato anche alcune parti descrittive, in cui emerge l'abilità poetica di Fitzgerald, che però non basta a salvare questo bazar psichiatrico.
Bocciato.

Voto: 4

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private eye
view post Posted on 30/7/2010, 21:33




Prima di tutto volevo farti i complimenti per l'esaustiva recensione :).
In secondo luogo sento il dovere di esprimere il mio parere su questo libro (parere che è ben lontano dal voler essere un tentativo di difesa visto che non sono affatto in grado di replicare alle tue dettagliatissime e valide argomentazioni): non immaginavo che di "Tenera è la notte" (non pensi che meriterebbe la sufficienza anche solo per la poeticità del titolo? :)) esistessero tante versioni differenti e, per mia negligenza, non capisco quale versione tu abbia letto (io quella Einaudi della quale hai postato la copertina) e non riesco, quindi, a stimare quanto questo possa aver influenzato il tuo giudizio.
Una precisazione, però, a questo punto è d'obbligo: io, pur non amando Fitzgerald, nutro una discreta stima per il suo stile e per l'autenticità della sua voce d'autore; per questa ragione tendo a cogliere, pur in un libro effettivamente poco riuscito quale è questo, soltanto o quasi gli aspetti positivi.
Sono d'accordo sul fatto che siamo di fronte ad un romanzo lento, melmoso quasi, dal ritmo snervante e sonnolento; c'è molta confusione, soprattutto umana, in queste pagine, il travaglio di uno scrittore che, come uomo, si trovava a vivere un momento critico della sua esistenza e non riusciva più a mettere nei suoi libri quel distacco patinato ed un po' ironico che aveva caratterizzato le sue opere precedenti.
E' altresì vero che i personaggi tendono a conformarsi ad irritanti stereotipi e che il loro agire è spesso tanto indecifrabile da risultare assurdo (e concordo assolutamente sull'odiosità di Rosemary :)): eppure dovrebbe suscitare soltanto molta, molta tristezza pensare che Fitzgerald si limitò a descrivere ciò che vedeva. I suoi personaggi agiscono come avrebbero agito persone che egli conosceva, con la stessa frivolezza, con le medesime superficialità ed indifferenza. Egli, in fondo, era Dick almeno tanto quanto sua moglie Zelda era Nicole: i personaggi non sono che specchi appannati che l'autore interroga per cercare di capire cosa, tra loro e in loro, mancò di funzionare.
Inoltre il libro si conclude con un grande atto d'amore che, almeno ai miei occhi, lo riscatta pienamente: Dick scioglie Nicole da qualsiasi obbligo ella avesse nei suoi riguardi, la lascia libera di poter essere sana e forte senza di lui, spezzando i vincoli di un rapporto che non aveva fatto altro che logorare entrambi; forse questo libro, nel quale l'autore racconta una profezia che aveva già iniziato a realizzarsi (anche lui finì la propria esistenza indigente e solo), non è stato altro che l'ultimo tentativo di conciliazione con Zelda, l'estrema volontà di Fitzgerald d'affrancare sé stesso e la moglie dai rancori e dalle ripicche del passato. Egoistico, quindi, forse, ma commuovente ed profondamente umano :).
 
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Baba1989
view post Posted on 30/7/2010, 23:09




Esordisco ringraziandoti per aver letto e apprezzato il mio pensiero. :)
Risolvo l'arcano involontariamente provocato assicurandoti che abbiamo evidentemente letto la stessa edizione; ho voluto accennare al fatto che ne circolassero in quegli anni di differenti per il semplice fatto che l'ho visto come un interessante ( forse non riuscito?) percorso di formazione del romanzo stesso: ma le altre edizioni, pubblicate e non, avevano personaggi molto diversi, embrioni di un Dick e di una Nicole che probabilmente Fitzgerald covava nell'intimo; in uno si parlava di un ragazzo depresso che uccide la madre, un'altra versione aveva per protagonista un regista. Quindi come vedi si tratta di bozze, se ci prendiamo il lusso di considerarle tali, mentre ciò di cui parliamo io e te è la storia di Dick. :) Ti dirò di più: la traduzione della Pivano per me è un gioiello, sono certa che abbia lavorato con estrema precisione, e concordo con te quando parli di autenticità, perchè spesso ho percepito il punto di vista dell'autore come genuino ed elegante, seppur fin troppo coinvolto.
Sono sicura che Nicole sia la maschera di Zelda, ne sono convinta tanto quanto lo sei tu: la malattia, il collasso psichico, la disintegrazione di lei, di lui, dello stile di vita, combaciano perfettamente con la narrazione sanguigna, sentita dello scrittore. Ma ho preferito non parlare di questo nel mio commento perchè non la ritengo una giustificazione. Fitzgerald sarà pur stato talentuoso nel riuscire a sondare il proprio intimo, il suo difficile vissuto, e a servirci sotto forma di dramma l'esistenza delirante di una coppia incatenata; tuttavia io considero questo flusso per quello che è. Nervoso, sovraccarico, sporco. Il prodotto finale del suo lavoro sopraffino probabilmente non è il frutto luminoso che si sarebbe aspettato egli stesso, e forse i vari rimaneggiamenti derivano da questo. Non accuso la persona di Fitzgerald, nè lo scrittore, perchè mi piace pensare che se ora fosse qui e io gli dicessi cosa ho odiato di questo romanzo, lui ne parlerebbe con garbo e remissione. :)
Per concludere: ancora mi trovo d'accordo con te, ottimo finale, dolce e commovente, un fallimento e una rinascita, Nicole che risorge come una fenice e Dick che perde o trova tutto ciò che ha sempre cercato. Proprio per questo mi chiedo, perchè dare così poco spazio alle dinamiche che in conclusione portano a questo? Ho avuto come l'impressione che il mutamento di Nicole sia stato paradossalmente trascurato proprio nel momento in cui andava messo a fuoco, concentrandosi solo sul fallimento di Dick.
Errori di proporzione, forse. :)

PS: Il titolo è stupendo, e anche se l'ha tratto da Keats gli concedo questo merito. :)
 
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private eye
view post Posted on 30/7/2010, 23:30




Quindi, paradossalmente, abbiamo colto del romanzo gli stessi aspetti ma le opposte interpretazioni di questi stessi aspetti ci hanno portate a giudizi altrettanto diversi sul libro :).
Soltanto una cosa che sento di dover dire (prima che il cervello smetta di connettere :)): il mutamento di Zelda/Nicole è stato vissuto da Fitzgerald/Dick nella veste di semplice spettatore; egli non può che riferire, di questo cambiamento, gli aspetti più evidenti, ovvero quelli che si riflettono nei comportamenti della donna, nella sue parole.
L'autore non arrivò a capire la moglie e per questo si dannò (così come Dick, nel libro, non capisce Nicole, almeno da un certo punto della vita matrimoniale in poi); rinunciò del tutto a provare a spiegare quello che stava accadendo nella sua psiche e si limitò, stanco com'era di tutto, forse anche disgustato, a congedare, tristemente, Zelda con questo romanzo :).
 
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Baba1989
view post Posted on 30/7/2010, 23:45




Credo che il retroterra comune dei nostri giudizi siano gli aspetti che entrambe abbiamo ritenuto opportuno cogliere, interpretati poi in maniera differente, si. :)
Ma vedi, il tuo discorso è oltremodo ineccepibile applicato all'esperienza di Fitzgerald, su cui potremmo disquisire per ore, forse senza mai giungere a capire quale percorso abbia fatto il suo io per arrivare su carta; :) però a me è sembrato che Dick, per buona parte del romanzo, abbia capito Nicole, forse anche troppo; come se la sua patologia fosse una patina che condizionava ogni cosa, e talvolta era così. Più che altro mi è parso che da un certo punto in poi sia stato Dick a non capire più sè stesso, il ruolo che la famiglia di lei negli anni gli aveva costruito addosso, e che lui sentiva pesante, magari non più utile.
Quindi posto che l'autore si crucciasse perchè non riusciva a comprendere la moglie e recuperarla, Dick al contrario arriva a capire che la soluzione c'è, ed è lasciarla andare, forse però con una consapevolezza diversa da quella dello scrittore. Del resto forse Fitzgerald arrivò a pensare che nemmeno uno psichiatra come Dick, che per professione dovrebbe comprendere a fondo i bisogni di una persona così problematica, può salvare una coppia a tal punto devastata.
Comunque i difetti narrativi a cui ho dato peso, seppure superficiali in confronto a queste riflessioni, sono alla base dell'insufficienza.. :)
 
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view post Posted on 31/7/2010, 10:31
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Lascia ch'io pianga, mia cruda sorte, e che sospiri la libertà
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CITAZIONE (Baba1989 @ 30/7/2010, 21:11)
Ma ho sopportato pagine e pagine di nulla

Non ho letto questo, ma le tue stesse sensazioni le ho avute leggendo un altro suo romanzo da tutti definito capolavoro, "Il grande Gatsby".
Anch'io ho fatto fatica ad arrivare alla fine, è stato uno dei pochi libri che mi ha fatto addormentare, un romanzo che all'inizio scorreva benissimo, ma poi man mano mi sono trovata davanti a pagine e pagine di nulla assoluto, di dialoghi inutili, di personaggi poco interessanti e soprattutto mi sono trovata davanti a una storia che già aveva detto tutto.
Non so, forse sarò colpa del mio poco feeling con l'autore, Fitzgerald non mi è mai piaciuto, ho sempre trovato le sue opere sprovviste di quell'aurea di magia che ti fa rimanere incollato con gli occhi alle pagine.
Comunque un occhio a "Belli e dannati" forse un giorno lo darò. :)

Complimenti per la recensione, è bellissimissima. :)
 
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private eye
view post Posted on 31/7/2010, 10:42




In effetti il mio discorso si basa interamente su mere congetture; non conosco, in dettaglio, la vita di Fitzgerald e ho provato, forse anche con una certa presunzione, ad interpretare il libro come un riflesso di aspetti biografici. Questo perché io sono realmente persuasa del fatto che molti scrittori "usino" ciò che scrivono per riflettere sulla propria vita.
A parte questo, comunque, sono d'accordo con te sul fatto che, a livello narrativo, non è un libro proprio riuscito: anzi, piuttosto confuso, come se l'autore, non sapendo quali aspetti mettere in luce, quali questioni risolvere, abbia finito per muoversi in un modo alquanto confuso tra gli eventi :).
 
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Baba1989
view post Posted on 31/7/2010, 13:03




Grazie Simo, troppo gentile :)

Mi trovo perfettamente d'accordo con l'aggettivo che hai scelto, Alice: confuso. Probabilmente la vita e i pensieri dello scrittore erano talmente caotici, sconnessi, che questo disordine mentale, se mi passi il termine con le dovute precauzioni, si è trasferito direttamente sul romanzo. :)
 
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view post Posted on 31/7/2010, 23:33
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Sapiente Malizioso
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Baba la tua recensione è molto bella, siamo veramente su grandi livelli. L'interessante discussione nata con Alice starebbe benissimo su un giornale di letteratura, fissata per sempre a dimostrare quanto ragazze giovani possano essere intelligenti e appassionate.. :D

Dopo "Il grande Gatsby" il mio rapporto con Fitzegerald non s'è più riacceso e difficilmente riprenderà in futuro, di certo però non con questo romanzo.. :ani-11aquarius.gif:
 
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Baba1989
view post Posted on 1/8/2010, 19:11




Addirittura.. :D
Grazie Cri :)
 
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private eye
view post Posted on 1/8/2010, 22:50




Sotto un particolare aspetto, però, trovo che "Tenera è la notte" sia particolarmente riuscito (e mi è venuto in mente mentre sfogliavo "Belli e dannati" perché è qualcosa che si ritrova anche lì, come in ogni opera di Fitzgerald): l'atmosfera; malgrado i disequlibri a livello narrativo, riusciamo ad avere un'idea molto precisa della noia, dell'abbandono, del fallimento che impregnano davvero ogni pagina.
Nemmeno a me, comunque, è piaciuto "Il grande Gatsby" mentre ho apprezzato molto "Belli e dannati", la sua opera forse più fresca e vagamente ironica (autoironica) :).
 
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Baba1989
view post Posted on 2/8/2010, 12:18




Probabilmente qui il sentimento della noia e della rassegnazione al fallimento è espresso con tale efficacia dall'autore da causare un evidente attrito a livello narrativo.
Comunque in futuro potrei leggere "Belli e dannati", e nella mia mente scaturirebbe senz'altro un confronto con questo libro.. :)
 
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11 replies since 30/7/2010, 20:11   593 views
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