STABAT MATER di Tiziano Scarpa
Cecilia é una giovane di sedici anni cresciuta nell'Ospedale della Pietà, in una Venezia settecentesca dove le bambine abbandonate venivano allevate dalle suore, istruite secondo le loro capacità nella strada della musica. Cecilia é un'abile violinista, ma é anche una ragazza solitaria, insonne, che ogni notte riversa sui fogli flussi di pensieri dedicati alla madre mai conosciuta. Scoprirà la gioia e la vera passione per quello che riesce a creare con il violino solo quando all'Ospedale arriverà un nuovo prete compositore, un tale Antonio Vivaldi.
Più che romanzo, si tratta di un lungo monologo. Lamentoso e pieno di pensieri ingarbugliati, ma che proprio per queste caratteristiche riesce a rendere quello che potrebbe passare per la testa di una sedicenne particolarmente sensibile che si interroga sulla propria vita. L'autore, appassionato di Vivaldi, spiega in una nota finale le libertà storiche che si è preso.
Si legge velocemente e lascia impresse delle immagini meravigliose e d'impatto. Potrebbe irritare per le mille paranoie dei pensieri di Cecilia, che oltre che scrivere alla madre sconosciuta parla con una personificazione della propria morte, una sorta di testa di gorgone dai modi gentili.
L'ho trovato molto poetico, anche se la trama non mi ha molto convinta. Un bel libro per quanto riguarda la suggestione, un libro deboluccio in quanto a storia. Tuttavia, vi sono delle parti che da sole valgono ampiamente la lettura.
"Noi siamo pesci abissali, cantiamo il nostro non essere mai venuti al mondo.
La musica si propaga nell'acqua nera. Gli uomini e le donne della città camminano sulle rive, scorrono sulle loro barche. Noi siamo le sirene che cantano dal fondo dell'acqua torbida, nessuno ascolta il nostro canto nero"
Voto: 7