Mansfield Park -
Jane AustenScrivere una recensione positiva su un romanzo di Jane Austen si rivela sempre impresa ardita e difficoltosa. Mi sono sempre chiesta il vero motivo per cui, dall'ultima decade del 1700, gli anni in cui Jane iniziò a comporre le bozze delle sue opere, fino a oggi, il suo talento di autrice sia stato messo in discussione con tanto accanimento. I rifiuti delle Case Editrici dell'epoca furono solo uno sbiadito preludio alle feroci critiche a cui i suoi romanzi vennero sottoposti nel corso degli anni, anche dopo la sua affermazione, la sua pubblicazione, la sua morte, il suo successo. Ancora adesso è possibile incontrare senza troppe difficoltà intere schiere di detrattori, pronti a sguainare la sempreverde arma del romanticismo colto, categoria ognicomprensiva da cui le opere austeniane vengono escluse a buon diritto poichè mancanti di una qualsivoglia ragion d'essere, semplici rotocalchi d'amore, Harmony piuttosto datati ma adatti a dilettare lettrici ipoglicemiche.
Ora, trovo che la sua subitanea ascesa ai ranghi di autrice apprezzata nel mondo della Letteratura sia già di per sè un'ottima risposta a tali accuse; tuttavia, il mio disappunto muove dal semplice presupposto che la Austen dovrebbe essere considerata una scrittrice di genere, non una mancata versione femminile di Scott.
Non discuto dunque l'opinione di un qualsiasi lettore che si scopra annoiato dalle sue opere, non interessato alla psicologia di una ventenne del Devonshire, nostalgico dei salotti di Balzac, pienamente calati nel contesto storico.
Anzi, ritengo scorretto negare che in verità Jane Austen limiti il suo campo d'azione ad una determinata serie di accadimenti, escludendo tematiche quali la politica, la religione, la storia, in ogni sua forma; ma è altrettanto scorretto affermare che questo sia sintomo di incapacità, ignoranza, o ancor meno motivo di disprezzo nei suoi confronti.
Lei stessa, nelle sue lettere, confessava di sentirsi biasimevole per la sua totale mancanza di conoscenza e soprattutto di interesse riguardo politica, scienza, filosofia, sfere d'influenza che effettivamente risultano del tutto assenti nelle sue opere: ma come non sorridere di fronte a tanta finta modestia? La dote principale di questa donna credo fosse l'ironia, velata, sottile, ma tagliente, ed una caratteristica nondimeno ammirabile è la capacità di applicarla a sè stessa; Jane Austen era tutt'altro che manchevole nel sapere, aveva ricevuto un'ottima istruzione ed era senza dubbio una persona di grande cultura, ma minimizzava il suo talento, rivelandoci chiaramente la verità: ella non desiderava in alcun modo trattare tali argomenti, nè vi aveva mai provato, poichè il suo sguardo era puntato su "tre o quattro famiglie in una cittadina di campagna..". La sua penna è cinica, il suo punto di vista disincantato, il suo narrato è frivolo; e tutto questo contribuisce a rendere la cronaca veritiera, spregiudicata, irriverente ma delicata. I suoi romanzi sono ritratti, ritratti di società, di costume, di cultura, di usi e abitudini. E poco importa se non si fa cenno di eventi determinanti come la Rivoluzione Francese, o la Guerra d'indipendenza americana: perchè la middle class inglese non tralasciava mai l'importanza di un buon matrimonio, anche se in quel momento l'Europa era sconvolta da Napoleone.
Mansfield Park, insieme ad Emma, è probabilmente il romanzo più discusso e discutibile di Jane Austen. Se volessimo tracciare un percorso che comprenda l'intera produzione austeniana, incontrando personaggi come Elisabeth, Elinor, Catherine, Anne, ne troveremmo due che si distinguono, nel bene o nel male, per uno spiccato senso d'autodeterminismo: Fanny ed Emma. La prima, protagonista dell'opera credo più rappresentativa di questo ipotetico ciclo narrativo, la seconda, al contrario, protagonista del romanzo meno riconducibile allo schema classico, posto che se ne voglia ricercare uno. Fanny è una ragazza fragile, riflessiva, timida, d'indole tiepida ma perspicace, e raccoglie in sè tutte le problematiche dell'eroina austeniana: la povertà, il sentimento, la ricerca di un matrimonio, le privazioni, le ingiustizie, la morale, l'insicurezza.
Per contro, Emma è tutto ciò che non ci aspetteremmo mai di leggere: bella, ricca e viziata, non le interessa convolare a nozze, non si fa scrupoli per nessuno, è intelligente e usa questo pregio per vincere la noia dell'agiatezza.
Mentre si legge Mansfield Park, si vorrebbe entrare nel libro per strattonare Fanny ed indurla ad agire; durante la lettura di Emma, vorremmo entrare nel libro per prendere a schiaffi la fanciulla e porre fine alle sue azioni.
Fanny Price arriva a Mansfield Park all'età di dieci anni, costretta ad abbandonare la sua misera famiglia per recarsi dai ben più facoltosi zii, che si prendono l'impegno di crescerla presso di loro per sottrarla alle disgrazie della povertà, e compiere un gesto caritatevole di cui vantarsi.
Fanny è pallida, gracile, remissiva, spaesata, sufficientemente graziosa per essere accolta, ma non abbastanza spigliata per reggere il confronto con le due cugine, Maria e Julia, coccolate ed ammirate da tutti, capaci di deridere senza ritegno la bimba per il semplice gusto di avallare la tesi di una loro superiorità, fisica ed intellettuale.
In realtà, conformemente ad un topos letterario di nobili natali, la compassata fragilità di Fanny nasconde un temperamento brioso, spontaneo, mitigato da una naturale propensione alla riflessione solitaria, all'agire sommessamente, senza causare fastidi di alcun genere a chi la ospita con tanto altruismo. La sua pacatezza d'animo le permette di resistere persino ai continui, impertinenti e indelicati dileggi che le vengono rivolti dalla zia Norris, all'indifferenza di un carattere indolente come quello di Lady Bertram, alla severità dell'austero Sir Thomas.
Confinata nella sua stanza dell'ala est, Fanny pensa, legge, sogna, piange, ricorda; le sue giornate sono scandite da piccoli, inutili rituali, che le permettono però di crescere e maturare salde convinzioni sulla natura del comportamento umano. Gli anni portano con sè mutamenti, e l'atteggiamento ponderato di Fanny diventa uno schermo sul quale far rimbalzare ogni soperchieria, primi passi verso una ritrovata serenità: ma l'assenza dello Zio Thomas per lavoro causa una sorta di sospensione nel romanzo, un intervallo in cui accadono tanti, troppi avvenimenti. Al suo ritorno, niente sarà più come prima.
Molteplici spunti di riflessione sorgono spontanei durante la lettura di Mansfield Park. Il prodigioso potere del linguaggio, le cui regole vengono ironicamente messe allo scoperto dall'autrice: si noti l'egocentrico personaggio di Mrs Norris, così amabile, misurata e cortese nelle parole, incantevole nelle sue premure, eppure tormentata da pensieri tanto egoistici quanto nascosti. La sua vera natura si esplicita solo nel suo rivolgersi a Fanny, per cui non nutre alcuno scrupolo. La conversazione, all'interno di una buona famiglia inglese, assume i toni di un rituale; confessare le proprie convinzioni significa intaccare quel complesso di valori etico-morali su cui si poggia ogni dote rispettabile. Questo culto del soffocare emerge in tutta la sua ingiustizia nel caso di Mrs Crawford, la quale si limita a dichiarare apertamente ciò in cui crede, peraltro convinta, a ragione, che tali pensieri corrispondano al senso comune; ciò che fa la differenza è la sua avventatezza nell'esprimersi, un'imprudenza che le causerà biasimo e condanna.
Uno spiraglio di luce, in questa selva di compromessi e falsità, ci viene offerta da Edmund, animo sincero e di buon cuore, persino troppo morigerato per accorgersi dell'evidenza, e pronto a rinunciare all'amore della sua vita per non rinnegare i suoi principi.
In questo senso, il tanto criticato happy ending di Mansfield Park assume i colori di una tragedia:
chi infatti può assicurare che l'unione di Fanny e Edmund sia davvero un tripudio di felicità? Nel rinunciare di Edmund a Mary, c'è dolore e patimento. Al contrario, Fanny rifiuta Henry contro ogni valido auspicio, respingendo una rendita cospicua, ma probabilmente respingendo anche un sentimento sincero, più spontaneo di quello del cugino, dettato dalla contingenza.
Forse l'autrice, scevra da ogni preconcetto essendo lei stessa nubile, e per questo adatta più di chiunque altro ad analizzare con spregiudicatezza la genesi di un talamo, ha solo voluto mostrare come un matrimonio possa essere non necessariamente il coronamento di un sogno, ma più semplicemente un arrendersi alle convenzioni. E chi osa mettere in discussione questo contratto (basti pensare a Maria), incontra il disprezzo e l'isolamento.
Questo è il vero significato di società.
Voto: 8Edited by Baba1989 - 2/10/2010, 12:13