Salammbô di
Gustave FlaubertRomanzo, 1862, Giunti, pag 397
Megara, quartiere di Cartagine: un folto numeri di mercenari si sta inebetendo durante un festino nella villa del proprio comandante, Amilcare Barca. Gli uomini d’arme pretendono d’esser pagati dalla repubblica per i servigi resi ma Cartagine non ha fondi e tergiversa. Durante il festino fa la sua apparizione Salammbo (“pace divina”), figlia di Barca e vergine devota alla dea Tanit; il barbaro Matho si innamorerà di lei all’istante. Convinti ad andare a Sicca mediante il miraggio della paga i mercenari vengono circuiti dal molle ed anziano suffeta Annone, ma Spendio, astuto schiavo affrancato, sobilla i barbari convincendoli a marciare su Cartagine..
Non rivelo altro per non rovinare il susseguirsi degli eventi ma aggiungo che molti altri personaggi e circostanze si aggiungeranno durante la narrazione. Immediatamente dopo aver letto le prime due facciate ci si rende conto della mostruosa cultura di Flaubert; si riesce quasi ad immaginarlo, chino per delle ore su ogni singola pagina a modellare, cesellare ogni capitolo, capoverso, parola. Attraverso la sua mano sicura si viene catapultati al centro della festa iniziale nella quale la descrizione di questi “uomini di tutte le nazioni” colpisce per il suo realismo. Ci si trova davanti un perfetto assemblamento dei periodi, la cui composizione è complessa, mai compiaciuta, brulicante di personaggi, dettagli, colori, aromi. Flaubert si documenta scrupolosamente su testi di storia, archeologia e letteratura (si rifece alle “Storie” di Polibio); farà pure pure un viaggio sulle coste nordafricane. La dovizia di particolari fanno di questo romanzo un’opera imponente e succulenta. Storia ed immaginazione si fondono mirabilmente nella mente dell’autore: alcuni capitoli sono trascinanti, non permettono al lettore di distogliere lo sguardo, il clangore delle armi guizza dalle pagine e stordisce il lettore, la fascinosa ambientazione e la sovrabbondanza di termini “alti” han influenzato molti altri scrittori (mi piace citare C.A.Smith). Questo che risulta esser un grande pregio ne è anche lieve difetto: moltissimi i termini desueti o tecnici, più volte ho dovuto ricorrere al dizionario spezzando il ritmo di lettura (anche se questo aspetto potrebbe esser imputato in parte ad una mia carenza). Salammbo, accostabile all”’Elena” di omerica memoria, è protagonista solo “nominalmente”: compare pochissimo ed i capitoli a lei interamente dedicati sono i più noiosi ed “intimisti”. La magniloquenza e magnificenza di alcuni protagonisti infastidisce ed in più episodi l’autore piega un po’ troppo alle proprie esigenze lo svolgersi delle azioni di battaglia dove miracolosamente e puntualmente si passa da situazioni senza via d’uscita ad incredibili quanto improbabili vittorie. Nonostante gli eventi narrati il mio personaggio preferito resta Matho; emerge un Barca grande condottiero ma piccolo uomo. Non lo nascondo, libro impegnativo però da soddisfazione leggerlo vista la scarsità di romanzi classici storici.
VOTO 7
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