KITCHEN, Banana Yoshimoto

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view post Posted on 25/10/2010, 18:36
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Lascia ch'io pianga, mia cruda sorte, e che sospiri la libertà
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KITCHEN Banana Yoshimoto

1988

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Una cucina un pò indigesta

La cucina, il mio regno.
Ammetto di non essere una cuoca provetta(né lo sarò mai, sono un’alunna piuttosto indisciplinata in questa materia), ma la cucina è sempre stato il mio regno incantato.
Avrei voluto saper cucinare come mio padre…era un cuoco eccezionale e da bambina mi piazzavo ore e ore dietro di lui e passavo le mie giornate ad aiutarlo, a cercare di carpire i suoi segreti.
Ora che lui non è più accanto a me, è rimasto solamente un dolce ricordo e il mio amore per questo luogo della casa così luminoso e profumato.
Spinta da questa passione e dalla mia innata curiosità, ho deciso di intraprendere questa lettura.
Ho sentito tanto parlare di Banana Yoshimoto e di questa sua opera che ho voluto subito cercarla in biblioteca.
Fortunatamente l’ho trovata subito e, nonostante i miei stressanti impegni lavorativi, sono riuscita a terminarlo in due giorni.
Onestamente sono rimasta un po' spiazzata da questa lettura…lo stile è molto gradevole, fresco e diretto, ma la storia mi ha proprio lasciato perplessa.
Kitchen. Cucina. Il romanzo trasmette la passione della protagonista per la cucina intesa non solo come "l'arte di cucinare", ma anche come luogo fisico, luogo di emozioni, luogo di vita.
La protagonista è Mikage, una giovane piuttosto sfortunata, orfana di padre e di madre, cresciuta con i nonni.
Improvvisamente, dopo la morte del nonno e dopo essere stata cresciuta per anni dal solo amore della nonna, anche lei viene a mancare e la nostra protagonista si trova sola al mondo, ad affrontare una vita che sembra riservarle solo morte tutto intorno.
Incontra in questo frangente un suo compagno di università, Yuichi, che la invita a vivere a casa sua assieme alla sua particolarissima madre, che in realtà si scopre essere suo padre diventato donna dopo la morte di sua moglie(nemmeno gli sceneggiatori di Beautiful hanno osato mai arrivare a tanto).
Il racconto procede con una altalenarsi di vicende tutte piuttosto piatte e che mi sono sembrate anche molto fantasiose, come fantasioso è il fatto che una ragazza venga ospitata, da un giorno all'altro, da uno sconosciuto in casa sua senza troppi problemi e che si instauri un tranquillo e disinteressato rapporto di convivenza alquanto bizzarro(oh, sarò io che sono diffidente, però alcune situazioni, che non voglio raccontarvi per non rovinare un’eventuale lettura di questo libro, mi hanno lasciato alquanto interdetta).
Certo, si stringono rapporti di amicizia, di affetto, si ha un'altra grande sofferenza con la morte di un'altra persona cara (ho pensato che questa ragazza sia davvero sfortunata, o che sia lei a portare sfortuna alle persone che ha attorno? E’ una novella prefica?) e quanto viene raccontato mi ha trasmesso un senso di tristezza, di smarrimento.
Inoltre, cosa ben più grave, non si capisce bene che tipo di rapporto ci sia tra i due giovani e a dire il vero non ho ben capito se quella svolta amorosa che aleggia tra le righe quando il racconto va avanti nelle pagine si avrà oppure no.
Per dirla in parole povere, non ho proprio capito(oh, sarò tarda io, che ci volete fare) dove l’autrice voglia andare a parare.
E ho molto apprezzato, nel Post Scriptum, ciò che dice di se l'autrice quando definisce il suo primo lavoro un lavoro "immaturo": probabilmente è proprio questo il problema, il suo è uno stile di scrittura fresco e giovanile, molto gradevole da leggere, ma nelle sue pagine ho letto un’immaturità tale, da quinta elementare, che mi ha dato notevolmente fastidio.
Uno di quei romanzi che non ti “attacca”, che non riesce a sconvolgerti, che non ti lascia nulla dentro.
L’ho trovato di una superficialità, di una banalità e di una scontentezza inverosimili, pretende di affrontare tematiche importanti senza esserne in grado, rimanendo sempre sterile e privo di qualsiasi impatto emotivo.
Probabilmente ho scelto il libro sbagliato per il mio primo approccio con quest’autrice, un libro che ritengo ingiustamente osannato e venerato.
Forse la colpa è mia, non sono stata in grado io di intuire il suo "genio" artistico, fatto sta che lo reputo un romanzo adatto solo ed esclusivamente a un pubblico di adolescenti che non capiscono nulla in fatto di letteratura.
Statene alla larga, è un consiglio.

Voto: 4
 
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view post Posted on 29/10/2010, 00:16
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Sapiente Malizioso
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Dopo la tua bella rece aggiungo anch'io due righe (concordanti con le tue) :D Era appena scoppiato il fenomeno mondiale Yoshimoto, per conoscerlo (e visto anche che godeva, pe me, del bonus d'esser giapponese), lessi questo Kitchen; scorrevole, semplice, ai limiti del banale, liscio come la buccia di una banana: nessuna idea innovativa. Ancora oggi non mi spiego il suo successo, "Tsugumi" mi fece la stessa impressione e i successivi mi dicono siano il rimasticamento infinito dei soliti due concetti. Io lo eviterei, ma c'è di molto peggio in giro.

VOTO 5
 
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Baba1989
view post Posted on 29/10/2010, 18:57




Prima o poi faccio un esperimento e nel leggo uno a caso, sono curiosa di sperimentare questo presunto fenomeno letterario, e scoprire se sono d'accordo con voi.. :)
 
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LadyTriffide
view post Posted on 30/10/2010, 00:03




L'ho preso recentemente....per un bel po' rimarrà in libreria viste le premesse :P
 
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3 replies since 25/10/2010, 18:36   67 views
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