DALLA PARTE DI SWANNdi
Marcel Proust1913La conoscenza dell'animaLa prima volta che ho sentito parlare di questo libro è stato a scuola, alle superiori.
La mia insegnante di Lettere amava in modo quasi spasmodico Proust e ricordo che dedicò a questo magistrale autore quasi tre mesi lezioni e per farci capire meglio il suo linguaggio tutte le mattine ci leggeva un piccolo pezzo iniziale.
Le parole avevano su di me un effetto quasi ipnotico, sentivo che venivo sempre più trascinata dall’onda immobile e delicata di quei piccoli scorci di brani e, alla fine, ero talmente presa che andai dalla mia insegnante e la pregai di prestarmi quel monumentale libro.
Lei, da gran donna saggia quale era e quale è sempre stata, mi disse di aspettare, perché non era ancora il mio momento, non ero pronta ad affrontare quella lettura.
Non smetterò mai di ringraziarla la mia insegnante…ora che è giunto quel momento, le sono debitrice di avermi consigliato di aspettare, perché non avrei sicuramente capito(e apprezzato) ciò che avevo davanti.
E’il libro più sublime che abbia mai letto, è stata per me una sorta di ’apologia della sofferenza, una lunghissima digressione nei ricordi, nei profumi, e nelle sensazioni di una coscienza.
Leggere Proust è come ascoltare della buona musica: perdersi tra le sue note è meraviglioso, un’esperienza quasi paradisiaca, ma bisogna essere un po’ preparati però per addentrarsi nel vortice sinuoso dei suoi periodi che si attorcigliano tra loro, che scendono e risalgono con fluidità fino a esplodere con improvvisa forza e violenza.
Tutti noi siamo stati a Combray, tutti noi, suoi amanti, riassaggiamo nei nostri pomeriggi piovosi e forse aridi per fraintendimenti, delusioni, storie perdute la nostra piccola madeleine intinta nel tè.
Ma come Marcel, solitario nel suoi ultimi anni nella sua stanza rivestita di sughero, dobbiamo toglierci le maschere per vedere veramente dentro noi stessi, per capire realmente chi siamo, senza la impalcature superficiali che talvolta indossiamo per sembrare chi vorremmo essere.
E’ la storia di una vita, che assomiglia molto a quella di Proust, che noi tutti viviamo trepidanti insieme al protagonista, viviamo intensamente la vocazione per la scrittura, un sogno che sembra non potersi mai realizzare, ma che infine lo sarà, come per un insperato miracolo.
I suoi personaggi non sono mai esistiti, sono tutti inventati, ma possiedono però molte assonanze con la vita reale, in parole povere sembra tutto falso quando invece tutto risulta vero.
Proust sembra descrivere un’isola felice, una società che si esalta, che si loda, che s’incensa, ma in realtà ci svela con una velata tristezza la visione pessimistica e controversa di questo mondo così attento alle apparenze e così poco propenso all’affetto e alla comprensione.
Quando arriverà il momento adatto continuerò ancora a leggere quest’opera, per ora mi fermo qui, ma il mio cammino è appena iniziato e non ho alcuna intenzione di abbandonarlo.
Posso però dirvi fin da ora che questa lettura non ha cambiato la mia vita come è accaduto a molti altri lettori, ma ha cambiato il modo che ora ho di intenderla, mi ha aperto un nuovo orizzonte, forse più di qualsiasi altro autore, ma soprattutto mi ha insegnato a conoscere meglio me stessa e, di conseguenza, ad apprezzare ancor più ciò che possiedo e ciò che mi circonda.
E’ un’esperienza che consiglio a tutti.
Voto: 9.5
“A lungo, mi sono coricato di buonora. Qualche volta, appena spenta la candela, gli occhi mi si chiudevano così in fretta che non avevo il tempo di dire a me stesso: "Mi addormento". E, mezz'ora più tardi, il pensiero che era tempo di cercar sonno mi svegliava; volevo posare il libro che credevo di avere ancora fra le mani, e soffiare sul lume; mentre dormivo non avevo smesso di riflettere sulle cose che poco prima stavo leggendo, ma le riflessioni avevano preso una piega un po' particolare; mi sembrava d'essere io stesso quello di cui il libro si occupava: una chiesa, un quartetto, la rivalità di Francesco I e Carlo V”.
Edited by La Fata delle Tenebre - 30/1/2011, 16:15