PLEASANTVILLE(USA 1998) di Gary Ross con Tobey Maguire, Reese Whiterspoon, Jeff Daniels, Paul Walker
Chi di noi non ha mai sognato di essere catapultato un giorno nel mondo di uno dei nostri film o telefilm preferiti?
E’ ciò che succede a David e Jennifer, due fratelli gemelli che, un giorno, grazie a uno strano telecomando, si ritrovano come d’incanto nel mondo in bianco e nero di Pleasantville, una sit-com anni cinquanta che il giovane David segue ogni giorno con molta passione.
Pleasantville è una città particolarissima, i suoi abitanti non conoscono pioggia(il loro termometro infatti è sempre fermo sui 23°), non conoscono le gioie dell’amore e del sesso(i coniugi vivono in letti separati) e i pompieri si preoccupano solo di salvare gatti incapaci di scendere dagli alberi.
Ma l’inaspettato arrivo dei due ragazzi cambia molte cose, tanto che pian piano s’incominciano a vedere le prime coppiette che si scambiano effusioni per strada, s’iniziano a vedere le perfette madri di famiglia che scoprono le gioie dell’intimità con i propri partner e, soprattutto, il colore prende il sopravvento sul triste bianco e nero.
E’ una vera e propria rivoluzione, ma, come succede spesso in questi casi, per alcuni è uno stimolo in più per uscire dalla loro vita grigia, per altri è una cosa inaccettabile, da combattere con ogni mezzo.
Uscito poco tempo dopo il fenomeno “The Truman Show”, Pleasantville ne ricalca le stesse orme, con lo stesso risultato finale.
Gary Ross confeziona un delizioso film stile “American Beauty”, una palese critica all’ignoranza americana, al cinismo e alla finta bellezza.
Una critica verso coloro che non leggono mai un libro, a chi per secoli li ha bruciati, censurati, perseguitati, a chi darebbe l’ergastolo anche a un bambino che ruba la caramella, ai perbenisti, a tutti coloro che sono pronti a condannarti perché non sei come la società impone, ai genitori che vorrebbero un figlio su misura.
Una critica all'oscurantismo in tutte le sue forme, un messaggio chiaro ma espresso in forma più romantica: più ci diamo da fare nel tentativo di realizzare una società perfetta , più la chiudiamo in sé stessa oscurandone le diversità.
Ed ecco che la scoperta del colore è come la scoperta di una nuova dimensione nell'universo, nel quale traspare un messaggio che anticipa American Beauty: quando la bellezza è troppa, è sempre finta.
Una critica a quella società perbenista degli anni cinquanta che, come c’insegna la storia, è stata alcova di quasi tutte le forme di pregiudizio e di “caccia alle streghe” che ancora oggi ci tormentano.
Voto: 7
Edited by La Dama in Nero - 3/3/2011, 11:03