L'ULTIMA LEGIONEAutore: Valerio Massimo Manfredi
Data di pubblicazione: 2003
Pagine: 472
Editore: MondadoriSignor Manfredi, ma questa è la storia di Romolo Augusto, ultimo imperatore d’Occidente, o di re Artù? No, perché non si è mica capito, sa?
Premessa: il film è orribile.
Pacchiano, ricco di stereotipi e di cliché, superficiale, inutile e soprattutto inaccettabile dal punto di vista storico(in parole povere sembra un figlio illegittimo di Elisa di Rivombrosa).
Detto ciò, devo dire che non mi aspettavo poi molto da questa lettura, magari una maggiore attenzione da parte di Manfredi sul contesto storico(ho notato certi errori grossolani che da uno studioso di storia come lui sono inaccettabili), ma non mi posso definire delusa, sapevo fin dall’inizio che sarebbe stata una lettura a malapena sufficiente.
Ravenna, 476 d.C.
Romolo Augusto, ultimo imperatore d’Occidente, è appena un fanciullo.
La sua vita scorre tranquilla tra i fasti della corte, sotta la sicura egida dei genitori e dell’esercito imperiale.
La sua esistenza viene sconvolta dalla discesa dei barbari di Odoacre, che massacrano le legioni poste a sua difesa, penetrano nell’ormai decaduta corte reale e lo fanno prigioniero, esiliandolo a Capri.
Dell’impero d’Occidente viene così decretata la fine e Odoacre si erge a nuovo signore d’Italia.
Questa è la versione storica che noi tutti conosciamo, versione che viene completamente stravolta da Manfredi; ecco così che escono fuori dal nulla un indomito legionario e una combriccola di valorosi guerrieri(due ex-legionari compagni di Aurelio, un ex schiavo africano, un’amazzone dal passato inquieto) tutti scampati al massacro che, nemmeno fossero dei novelli Rambo, portano in salvo il fanciullo e lo ripongono sul suo regale seggio.
Ma non è tutto, Manfredi si spinge oltre, immaginando un ultimo viaggio dell’imperatore in Britannia, ultima frontiera dell’Impero Romano d’Occidente, con in mano una mitica spada che rende quasi invulnerabile colui che la possiede.
Il nome della spada? Ovviamente Excalibur…
Sarò sincera, Manfredi è bravo, mi piace particolarmente, trovo che sappia scrivere più che bene, ma questa volta non ha per niente centrato il bersaglio.
La narrazione è lentissima(non mi era mai capitato finora, ma leggendo questo suo libro mi sono davvero annoiata), i dialoghi sono poco incisivi e, soprattutto, la storia è troppo, troppo inverosimile, mescola troppe figure storiche e leggendarie(Romolo con Artù, Ambrosinus con Merlino, Aurelio con un novello Lancillotto, Livia con Camilla e Pentesilea) che alla fine confondono il lettore, soprattutto nella parte finale(il tutto perché si deve per forza valorizzare e rendere plausibile la tesi che vuole Re Artù discendente diretto dei Romani).
Poi trovo che Manfredi abbia un grave difetto, non riesce assolutamente a dare una caratterizzazione adeguata ai suoi personaggi, è un difetto che ho notato anche in “Idi di Marzo”, o sono tutti stereotipati(come Aurelio, il classico eroe dal passato turbolento che combatte per cercare un riscatto) o tutti forzati(come Livia, la classica donna guerriero che nasconde la sua femminilità), non conosce una via di mezzo.
Ha voluto strafare questa volta, ha mischiato troppe figure storiche e leggendarie in un’unica narrazione(senza poi un approfondimento storico adeguato e, ripeto, da uno studioso di storia come lui è imperdonabile) e il risultato finale è un grande pastrocchio, ben scritto, questo si, ma pur sempre un pastrocchio.
Il finale poi lascia con l’amaro in bocca(altro difetto di Manfredi, i suoi finali sono sempre lasciati in sospeso, come se volesse farne tutte le volte un seguito), incompleto e aggiustato alla bell’e meglio.
Un romanzo incompleto, non orribile da leggere, ma nemmeno particolarmente interessante ed è un peccato perché l’idea di partenza era davvero buona.
Forse mi sbaglierò, ma mi sembra che Manfredi abbia dato tutto con “Alexandros” e ora ci stia un po’ campando di rendita sopra.
Spero davvero di sbagliarmi, ma per il momento la sensazione è quella…leggerò altro di suo in seguito, ma il suo canto del cigno c’è già stato.
Se vi piace il genere storico provatelo, ma non aspettatevi granché.
Voto: 5.5