THE VILLAGE (USA 2004) di M.Night Shamalyan con Bryce Dallas Howard, Joaquin Phoenix, Adrien Brody, William Hurt, Sigourney Weaver, Brendan Gleeson, Cherry Jones, Celia Weston, John Christopher Jones, Frank Collison, Jayne Atkinson, Judy Greer, Fran Kranz.
Covington, America del Nord, fine ‘800.
In uno sperduto villaggio vive una piccola e affiatata comunità, completamente isolata dal resto del mondo, circondati da boschi fitti, ostili e pericolosi.
L’esistenza della comunità è caratterizzata da alcune regole sostanziali che segnano e regolano la quotidianità della gente e garantiscono, attraverso divieti e imposizioni, una certa legalità interna.
Ma quali sono questi principi su cui si basa la vita degli abitanti del villaggio?
Prima di tutto il divieto di sconfinare nel bosco, nel quale risiedono creature innominabili, feroci e terrificanti, ma che, a quanto pare, sanno rispettare i patti ed evitano anch’esse sconfinamenti nel villaggio, poi c’è il divieto di indossare, coltivare, portare e osservare cose di colore rosso( colore delle creature del bosco ), contrapposto dall’obbligo di favorire quelle gialle( colore della calma e della tregua ) e poi tante altre bizzarre consuetudini che, inculcate dagli anziani e imposte con sapienti sotterfugi psicologici, garantiscono, di fatto, la sopravvivenza del villaggio in un clima di relativa quiete e serenità.
I patti però si rompono all’improvviso quando un giovane, Lucius, sfidando le leggi del gruppo e le proprie paure, si avventura nella foresta, scatenando così una serie di terribili eventi.
Nel mezzo di uno scenario non più lento e claustrofobico ma improvvisamente tumultuoso e palpitante, il giovane in questione viene gravemente ferito… per curarlo servono le medicine della città, che, ovviamente, si trova aldilà del bosco.
L’interrogativo che adesso tormenta la comunità è di non semplice soluzione: continuare a mantenere i patti con le creature innominabili, evitando di addentrarsi nel bosco e cercando, quindi, di curare Lucius solo con le blande terapie locali, o, invece, rompere gli accordi, attraversare quella vegetazione minacciosa e trovare medicine valide in città?
Dentro questo delicato dilemma si gioca la vita del giovane e anche la sopravvivenza di tutto il gruppo e, soprattutto, si gioca la vita della promessa sposa di Lucius, Ivy, la quale, pur non vedente, si propone di attraversare, da sola, il bosco maligno pur di salvare la vita del proprio amato.
E’ difficile parlare di Shyamalan, davvero difficile, è un regista controverso, che o lo si ama o lo si odia da subito.
E’ partito come meglio non poteva realizzando un piccolo capolavoro(almeno reputo così “Il sesto senso”), ma la sua brillantezza è subito venuta meno con l’impalpabile “Unbreakbale” e soprattutto con il quasi inguardabile “Signs”, a tutt’oggi il peggior film della sua produzione.
Ha delle indubbie capacità, possiede un’impeccabile eleganza e un grande sfoggio di tecnica visiva(qualità che pochi registi possiedono), ma è troppo altalenante, questo è il suo difetto principale.
Però, devo ammetterlo, come è capace di tirare fuori film assolutamente inguardabili(il già citato “Signs” e “Quelo che resta del giorno”) è anche capace, quando ci si mette, di tirare fuori dal cilindro anche film di un certo livello, come “The Village”, il suo vero capolavoro.
Il Villaggio di Shamalyan è un luogo misterioso, affascinante nella sua cupezza, un luogo che rapisce lo spettatore con quella sua aurea di spettralità e di mistero, con quella scenografia così cupa, ombrosa, ipnotica, con i suoi personaggi grotteschi e controversi che vi dimorano…una meraviglia da vedere, ma che ti mette addosso un senso di paura e di terrore che ti accompagnerà per tutta la durata del film.
Come tutti i suoi film è davvero difficile riuscire a dargli un’interpretazione valida, le tematiche sono talmente molteplici e complesse che è davvero difficile venirne a capo( si passa dalla fuga da una società chiusa, crudele e violenta al terrore psicologico che deriva dalle convinzioni superstiziose a discussioni filosofiche e religiose) e devo dire che Shamalyan riesce a trattare tutti questi difficili temi con una certa abilità e maestria, le nutre, le manipola, le evidenzia sotto varie forme…conosce molto bene la psicologia umana, sa come vertere sulle emozioni e le sensazioni dello spettatore, sa come usarle…in questo sta la sua bravura, peccato che però a volte si ingarbugli un po’ su se stesso, altrimenti sarebbe un altro David Lynch.
La comunità isolata rappresenta un po’ l’inconscio desiderio dell’uomo di fuggire dalla brutalità del proprio mondo e di chiudersi in una sorta di paradiso terrestre, lontano da tutto e da tutti, la vita semplice che conducono, senza denaro rappresenta una feroce critica verso una società come la nostra basata tutta sul possesso e sulla commercializzazione, una società in cui ciò che conta veramente sono i sentimenti(l’amore su tutti), sempre più soffocati dal mondo caotico, freddo e impersonale in cui viviamo.
E’ un film difficile, su cui bisogna riflettere parecchio, ma a mio parere di una bellezza e di una raffinatezza quasi sconvolgente, a partire dalla sua ambientazione antica e molto accurata, alla sua capacità di creare uno stato di tensione continuo nello spettatore senza l’uso di sangue, massacri e mostri vari, alla bravura degli attori(il trio delle meraviglie Joaquin Phoenix-Bruce Dallas Howard-Adrian Brody e di due grandi veterani William Hurt e Sigourney Weaver), alla splendida fotografia, alla capacità evocativa che il regista crea in ogni fotogramma, alla sublime colonna sonora, fino ad arrivare alla sorpresa finale(questa volta Shamalyan non cade nel finale e questo è un bene).
Molti non lo apprezzeranno, lo troveranno noioso, inconcludente, altri ancora lo reputeranno un buon film e niente più, ma per me è un autentico capolavoro, un capolavoro che mi ripaga della visione di filmacci come “Signs” e “E venne il giorno”.
Qualcuno ha detto che il genio di Shyamalan sia più adatto per trame metafisiche-religiose- filosofiche(“Il sesto senso”, “il predestinato”, “Signs”), ma francamente l’ho apprezzato molto di più in questa sua veste socio-esistenziale.
Un film da rivedere e da riscoprire, casomai ne aveste voglia.
Voto: 8