“
Marte, colore di sangue” di
David Guy Compton Romanzo Fantascienza, 1966, La Tribuna, pagine 172
L’astronave dei deportati, tramite l’ausilio del pilota automatico, è diretta verso la colonia penale; fondata 12 anni prima ed abitata da più di 200 persone, è pronta ad accogliere i 24 terrestri reietti (18 uomini e 6 donne i cui nomi sono stati modificati dal Comitato Giudicante e scelti a caso nella Bibbia). Questi individui sono stati ritenuti indesiderati e colpevoli di crimini antisociali di vario tipo perciò sono stati espulsi e confinati nella desolazione marziana. Sull’inospitale Marte s’è ricreata una società quasi primitiva, basata su ordine e rigore morale. La vita è durissima, disumanizzante, priva della quasi totalità dei comfort terrestri, l’unica cosa che conta è sopravvivere, portare avanti la propria specie. Ci troveremo a seguire lo svolgimento delle vite di alcuni degli ultimi arrivati (Mark, Jacob, Ruth..) durante il primo anno del loro soggiorno forzato. La morte per allontanamento dalla comunità è denominata “fredda via d’uscita”; i resti degli scafi delle deportazioni precedenti rappresentano le case degli abitanti ed il potere è detenuto da un solo umano, il Governatore, il quale vigila sulla vita di tutti facendo rispettare rigorosamente l’ordine acquisito.
Mi era stato vivamente consigliato da un cultore del genere, ma è stato una delusione, grossa delusione! Purtroppo mi sono ritrovato a pensare “ma che roba è questa”? Si perdono molte pagine per descrivere minuziosamente il viaggio dell’astronave, poi, quando si è giunti alla colonia penale ed occorrerebbero spiegazioni riguardo ad alcuni avvenimenti importanti (perché e come Ruth diventa l’amante del Governatore? Quale è la sua sorte alla fine del romanzo?), le si danno semplicemente per acquisite! Atterrati i deportati mi sarei aspettato “il decollo” della trama, invece ci si perde di continuo nella noiosa descrizione della nuova vita di alcuni dei neo-arrivati; finita l’esposizione dello status quo rimangono solo una ventina di pagine nelle quali però non succede praticamente nulla! Non bastano le blande illustrazioni dei rapporti sociali dei coloni o le diffuse annotazioni riguardanti i paesaggi marziani (entrambi distanti eoni dalla vivace e sorprendente ingegnosità di quelli, ad esempio, di Vance) per fare un buon romanzo. M’è sembrato che Compton abbia tentato di gettare nello stesso calderone vari temi: religione, razzismo, omosessualità, misoginia ed etica, ma tutto alla rinfusa e non in maniera approfondita. A mio parere ne è uscito un pasticcio di poco interesse, sfilacciato e soprattutto tedioso da morire. Non ho particolari critiche da muovere allo stile di scrittura poiché la traduzione è molto datata. D’accordo è un romanzo fantascientifico di stile ed argomento classico, ma “Gli orrori di Omega”, che ha alcuni punti di contatto con questo, è di sei anni posteriore e infinitamente migliore! Anche se a malincuore, bocciato..
VOTO 5
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