LE VERGINI SUICIDEAutore: Jeffrey Eugenides
Data di edizione: 1993
Genere: drammatico«Tutto ciò che vogliamo è che ci lascino vivere.»Ho amato il film della Coppola, un’opera intrisa di amore, odio, mistero, poesia, una pellicola che mi ha emozionata in modo indescrivibile, che mi ha sconvolta, che mi ha fatto riflettere molto.
Una vicenda tragica narrata da Sofia con una delicatezza, una poesia, una sensibilità uniche, il tutto permeato da un’atmosfera suggestiva e tragicamente surreale(a tratti vi ho rivisto la vena poetica e surreale di “Picnic a Hanging Rock” di Peter Weir).
Il libro non è da meno(di solito i confronti tra libro e film sono impietosi, ma questa volta si equivalgono), anche se lo stile di Eugenides non è altrettanto raffinato come quello della Coppola.
Siamo in un sobborgo americano, un quartiere come tanti, in una villetta come tante.
Qui vive una famiglia composta da padre, madre e cinque bellissime figlie, tutte di età compresa tra i quattordici e i diciassette anni.
Sembra un quadro perfetto, ma dietro quest’apparenza dorata si nasconde un profondo malessere…la minore delle figlie, Cecilia, si suicida gettandosi dalla finestra della sua cameretta e, di lì a un anno, le sorelle la seguono a breve distanza l’una dall’altra.
Il motivo del loro suicidio? E’ una di loro, Mary, a proferirlo con una sua eloquente frase:
“«Tutto ciò che vogliamo è che ci lascino vivere.»Non appena facciamo la conoscenza della madre capiamo subito il significato di questa frase sibillina, una madre fanatica religiosa, che fa vivere le figlie nella paura del peccato, che impedisce loro di parlare con i ragazzi, di uscire, di divertirsi, di vivere…una madre molto simile a quella della povera Carrie di Stephen King, ma dotata di maggior freddezza, ottusità e cinismo.
L’intera vicenda è narrata da un gruppo di ragazzi, ormai uomini, che nella loro ossessione per le fanciulle cercando invano di mettere insieme tutti gli eventi che le hanno portate alla morte.
Una voce narrante insolita e lontana, ma al contempo familiare, che dipinge un’immagine surreale dell’ordinaria vita di una qualsivoglia adolescente, divisa fra paure, speranze, illusioni e sogni infranti.
Un romanzo dolce come un frutto maturo e delicato come un bocciolo di rosa, ma allo stesso tempo claustrofobico e terribilmente inquietante.
Un romanzo davvero insolito, che cerca di indagare senza giudizio su ciò che può portare un essere umano alla sua auto-distruzione(la storia è prevalentemente costruita attraverso i ricordi dei ragazzi e le interviste a coloro che sono stati testimoni di quella tragica vicenda, anche in questo caso analogamente a “Carrie” di Stephen King), una lettura che ti cattura fin dall’inizio, che si muove rapidamente grazie a una trama senza pause, che crea un’atmosfera inquietante e surreale intorno al lettore, che lo pervade con il suo senso di mistero, di dolore, di tristezza.
Un libro intelligente, inquietante, stimolante, che ti fa riflettere su quell’invisibile dolore e male di vivere che s’insinua in ognuno di noi e che, molto spesso, non riusciamo a sconfiggere.
Lo consiglio soprattutto a chi è genitore di un figlio adolescente, magari riuscirà a comprendere meglio il suo difficile mondo.
Consiglio anche il meraviglioso film della Coppola, poesia allo stato puro.
Voto: 8