CHE COS'E' LO STEAMPUNK?, di Marco Carrara

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view post Posted on 19/7/2012, 02:34
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Sapiente Malizioso
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Che cosa è lo Steampunk?

Lo Steampunk NON è la trasposizione del Cyberpunk nel XIX secolo.
I libri della prima generazione, a parte uno, non hanno niente a che vedere con il Cyberpunk. Il libro più punk della prima generazione (o del proto-steampunk, se si preferisce catalogarlo così) è "The Warlord of the Air" di Michael Moorcock, del 1971. Anni prima che il Cyberpunk esplodesse nel 1984, già Moorcock produceva uno dei romanzi con lo spirito più punk che abbia mai letto: una critica smaliziata al mondo degli imperi coloniali, unita a una visione un po’ cinica del progresso e una visione ancora più pessimista di chi, in nome degli ideali, vuole rovesciare lo status quo. Non risparmia nessuno: più punk di così!
Sapendo questo è di conseguenza ridicolo costruire un legame obbligatorio tra Steampunk e Cyberpunk, inesistente anche per quanto riguarda l’aspetto punk di “ribellione”.

eriueryhiuehrig
Il volume, così come la trilogia di cui fa parte, non è stato tradotto in italiano

Lo Steampunk era punk ben prima che il Cyberpunk muovesse i primi passi.
L’unico rapporto tra i due generi è nella battuta fatta da K.W.Jeter nella famosa lettera a Locus del 1987, quella in cui per la prima volta appare il termine “steampunks”:

CITAZIONE
Dear Locus,
Enclosed is a copy of my 1979 novel "Morlock Night"; I’d appreciate your being so good as to route it Faren Miller, as it’s a prime piece of evidence in the great debate as to who in “the Powers/Blaylock/Jeter fantasy triumvirate” was writing in the “gonzo-historical manner” first. Though of course, I did find her review in the March Locus to be quite flattering.

Personally, I think Victorian fantasies are going to be the next big thing, as long as we can come up with a fitting collective term for Powers, Blaylock and myself. Something based on the appropriate technology of the era; like “steampunks”, perhaps..

Se gli altri erano Cyberpunk perché ambientavano le loro storie seriose in un vicino futuro, il trio Blaylock-Jeter-Powers allora era Steampunk ambientando le proprie cialtronate in un recente passato: il mondo del Lungo XIX Secolo. Da Cyberpunk a Steampunk: un semplice gioco di parole in un periodo in cui il Cyberpunk era all’apice della popolarità, nessuna discendenza diretta. D’altronde come potrebbe un romanzo del 1979 (o uno del 1971) discendere da opere pubblicate dal 1983 in poi?

CITAZIONE
The term [steampunk] itself is partly an ironic nod to the Cyberpunk movement of the 80s, and indeed seems a suitable choice, exhibiting the inherent tendency of steampunk narratives towards a playful, ironic, sometimes (notably in the works of James Blaylock) whimsical bend.

(Apex Science Fiction & Horror Digest, estate 2006)

Basta ambientare una storia poco seria, “gonzo-historical”, nel XIX secolo per fare Steampunk? L’analisi delle opere considerate Steampunk ci dice di no.
"Le Porte di Anubis" di Tim Powers è uno science-fantasy (viaggi nel tempo e maghi egizi) senza retrofuturismo, con una solida base storica e una discreta presenza in ruoli importanti di personaggi del periodo napoleonico; "La notte dei Morlock" di K.W.Jeter si ispira al romanzo sulla macchina del tempo di H.G.Wells e aggiunge elementi fantasy, creando un altro miscuglio science-fantasy; "La macchina della realtà" di W.Gibson e B.Sterling, l’unico romanzo della prima generazione a sembrare un cyberpunk anticipato d’epoca, è un eccellente esempio di retrofuturismo e di fantascienza ucronica (senza fantasy). Queste tre opere, tutte appartenenti alla prima generazione dello Steampunk, hanno in comune il fatto di NON essere soltanto romanzi storici, bensì fantascienza o science-fantasy di ambientazione storica.

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I tre romanzi citati sono tutti disponibili in italiano

Romanzi dallo spirito punk come quelli di Flashman (da noi è arrivato il primo con l’orrendo titolo italiano di "L’ussaro della regina bianca"), con protagonista un ufficiale britannico violento, maschilista e cialtrone che partecipa a tutti i conflitti dell’Inghilterra Vittoriana coprendosi di gloria per pura fortuna, nonostante la codardia, non sono Steampunk: sono solo romanzi storici irriverenti, bizzarri, ma privi di appigli con la fantascienza del periodo.

Gli elementi chiave dello Steampunk sono dunque:
retrofuturismo ottocentesco, fantascienza del periodo o anche il reale XIX secolo, conditi con una tecnologia anacronistica, elementi fantasy e citazioni di personaggi inventati nella narrativa d’epoca; non è necessario che tutti siano presenti assieme, come visto con le opere precedenti.

Basta allora copiare la fantascienza ottocentesca per fare Steampunk?
Ovviamente no, altrimenti anche H.G.Wells, Jules Verne e tutti gli altri autori ottocenteschi sarebbero Steampunk e non è così. Manca ancora un tassello del puzzle per poter costruire una visione di insieme chiara e semplice della narrativa Steampunk.

Un’opera come "The space machine" (Christopher Priest, 1976), pur essendo una lettura gradevole per un amante dello Steampunk, non è di per sé Steampunk. Mescola insieme "La macchina del tempo" e "La guerra dei mondi" di H.G.Wells, il che costituirebbe un’eccellente partenza per un romanzo steampunk, ma l’opera ha un punto di vista ostile a qualsiasi dettaglio scabroso (come Dickens che non scriveva nulla che potesse “far arrossire le gote dell’innocenza”) ed un finale identico a quello de "La guerra dei mondi" che lo fanno assomigliare a un vero romanzo d’epoca. Se qualcuno fosse andato nel 1898 e avesse scritto una fan fiction sulle opere di H.G.Wells, avrebbe potuto creare quel romanzo esattamente come l’ha scritto C.Priest. Lo stesso autore, infatti, lo ha sottotitolato “un romanzo scientifico” per dichiarare il proprio desiderio di imitare le opere del passato senza stravolgerle.
Volendo lo si potrebbe considerare come un blando Steampunk, molto più di tanto pattume che sta uscendo ora (corsetti più dirigibili e occhialoni, i soliti triti cliché). In ogni caso non è vero Steampunk.

Cosa dovrebbe fare un’opera per essere Steampunk pur partendo da basi interamente tratte dalla fantascienza dell’epoca? Ce lo spiega Jess Nevins, bibliotecario esperto in storia della fantascienza, nel suo breve saggio pubblicato all’interno dell’antologia intitolata "Steampunk" (2008) a cura dei coniugi Ann e Jeff VanderMeer. Le opere Steampunk devono essere scritte con un occhio moderno, un po’ cinico, di noi che abbiamo visto il futuro del mondo dopo il XIX secolo. In un certo senso lo Steampunk è una reazione alle edisonate di fine Ottocento: se in quei romanzi gli indiani venivano sterminati da geniali inventori in cerca di ricchezze, ma la loro morte era “asettica”, priva dell’orrore e delle conseguenze di un vero sterminio, ora lo Steampunk può riproporre le stesse idee con una percezione meno infantile, più adulta. Veri morti. Vere guerre distruttive. Vero razzismo. Un certo cinismo o meglio una perdita di quell’innocenza narrativa ancora presente in tante opere d’epoca, perfino in quelle che volevano rappresentare l’orrore delle guerre tecnologiche. Questo è il punk dello Steampunk: la perdita dell’innocenza originale, pur trattando gli stessi temi o rifacendo le stesse opere.

Lo Steampunk è fantascienza oppure science-fantasy ambientata:
— nel nostro Lungo XIX Secolo, grossomodo dalla Rivoluzione Francese alla Grande Guerra ("Le macchine infernali", 1987, di K.W.Jeter oppure il già citato "Le Porte di Anubis");
— in un Lungo XIX Secolo alternativo ("Anti-Ice", 1993, di S.Baxter: un 1870 retrofuturistico con un ponte sulla Manica, navi terrestri, cannoni “atomici” e veicoli spaziali, tutto grazie all’uso dell’antimateria al posto del carbone; oppure il già citato "La macchina della realtà");
— in mondi industrializzati di ispirazione ottocentesca diversi dalla Terra (il New Weird Steampunk Fantasy di C.Mieville: "Perdido Street Station")
— in un secolo diverso “visto con gli occhi della fantascienza ottocentesca” (il mondo del 1952 descritto da Albert Robida nel suo "Le Vingtième Siècle" del 1883 può essere una eccellente ambientazione Steampunk non ottocentesca) o come un XIX secolo che si è trascinato, con la sua mentalità, i suoi costumi e/o le sue tecnologie retrofuturistiche, nei secoli successivi (il 1974 con gli Imperi e i dirigibili in polimeri plastici di "The Warlord of the Air").


Perdido+Street+Stationah3
Solo il romanzo di Mieville è disponibile in italiano

I romanzi Steampunk non sono solo romanzi storici né romanzi fantasy d’ambientazione storica, sono fantascienza o miscugli science-fantasy. La serie napoleonica coi draghi "Temeraire" di Naomi Novik non è Steampunk, è solo pessimo fantasy (o Flintlock Fantasy, usando il termine impiegato da Stephen Hunt, autore del romanzo Steampunk fantasy "The court of the air"). E, come nel caso dei romanzi rosa coi vampiri (paranormal romance), bisogna distinguere le opere realmente Steampunk da quelle appartenenti alla “moda Steampunk”: un romanzo rosa rimane sempre un romanzo rosa, anche se ci sono dirigibili, corsetti, occhialoni e un bel 1889 a indicare l’anno nel prologo. Allo stesso modo un romanzo rosa coi vampiri, come "Twilight", non diventa fantasy perché ci sono dei vampiri che nemmeno sembrano tali: rimane rosa!

Al massimo si possono considerare blando Steampunk quei romanzi che pur avendo alle spalle una forte ambientazione retrofuturistica e di divergenza tecnologica rispetto al mondo reale, sono carenti sul lato “punk”: il 1914 di "Leviathan" di S.Westerfeld con mostri e mech dotati di gambe è un'eccellente ambientazione per dei romanzi di guerra Steampunk, ma l’autore ne cava fuori solo una trita storiella Young Adult con un livello di punk ridotto, anche per la definizione di Nevins, al minimo (il concetto di YA è sempre un peggiorativo per la narrativa). È comunque più Steampunk di The Space Machine o del rosa camuffato da Steampunk.

D’altro canto Albert Robida con la sua estrema modernità e il suo spirito punk che anticipava i tempi tira molto la corda della definizione, essendo molto più Steampunk di certe opere blande. La pura e semplice datazione delle sue opere fantascientifiche (anni 1880-1890) però le classifica come una fenomenale fonte di ispirazione per lo Steampunk (quasi proto-Steampunk!) e non come appartenenti al genere. Un padre ispiratore dello Steampunk, assieme a H.G.Wells e a Jules Verne.

Senza lo spirito punk serio presente in The Warlord of the Air o quello punk umoristico del racconto "Victoria" di Di Filippo (la regina Vittoria viene sostituita con un tritone mutante) o senza il punk inteso come visione moderna, cinica e adulta di opere che sembrerebbero altrimenti uscite dal passato (tesi di Jess Nevins), non ci può essere vero Steampunk. E non importa quanti occhialoni, rotelline incollate sul cappello, orologi a cipolla, dirigibili e corsetti siano presenti… anzi, gli elementi cliché sarebbe meglio ridurli al minimo.

- Sullo spirito che anima lo Steampunk:
Possiamo vedere lo Steampunk come una reazione alla tecnologia sempre più simile a magia perché incomprensibile all’uomo comune e spesso priva di parti meccaniche visibili. Forme asettiche, arrotondate, con un design essenziale e che priva di qualsiasi bellezza la tecnologia. La potenza del motore, il grasso degli ingranaggi, la meccanica in movimento che si può “riparare” come si potevano riparare in proprio le automobili fino a pochi decenni fa, tutto è sostituito da dispositivi che sembrano magici. Tecnologia indistinguibile, per il profano, dalla magia.

Questa reazione al mondo asettico degli oggetti tecnologici privi di bellezza, contrapposti a quelli del passato quando perfino i contatori del gas avevano abbellimenti in metallo che li rendono ancora piacevoli, è anche una critica al consumismo dell’Usa e Getta per cui si producono oggetti che si buttano invece di ripararli e che per tenere bassi i prezzi sono spesso mal funzionanti, contrapposto a un mondo passato pre-consumista in cui l’oggetto si riparava ed era fatto per durare. Ora invece quanti prodotti di elettronica escono di fabbrica già guasti? Tecnologie sempre più avanzate e sempre meno affidabili. Sfiducia verso la tecnologia: sempre più presente, sempre più vitale, sempre più traditrice.
L’Ottocento esaltava la bellezza della meccanica, la potenza del motore, la danza dei pistoni, come ricorda Herbert Sussman nel libro "Victorian Technology". Una tecnologia che era assieme robusta, funzionante e piacevole alla vista.

Lo Steampunk si è sviluppato a mano a mano che la nostalgia per il passato ha portato una parte della fantascienza a non guardare più solo in avanti, verso un futuro che non sembrava più promettente, ma a guardarsi alle spalle, verso un passato che non aveva conosciuto le guerre mondiali e in cui l’ottimismo scientifico ancora dominava con buone ragioni.
Lo Steampunk è una nostalgia del passato unita alla nostalgia di un futuro che non è avvenuto; è anche riscoperta di una fantascienza che molti non sapevano nemmeno esistere, una riscoperta di idee che pensiamo risalgano agli anni ’50-’70 e che invece appartengono spesso all’Ottocento! Steampunk è soprattutto un nuovo mondo in cui mmergerci!

Questo pezzo è la mia riduzione/rivisitazione di un interessantissimo articolo concessoci dal Duca (a cui appartengono tutti i diritti e che ringrazio) e presente in versione integrale sul suo blog:
BAIONETTE LIBRARIE
 
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