FIGLIO DI DIOAutore: Cormac McCarthy
Data di edizione: 1974
Genere: drammatico“Sulla porta del granaio un uomo guarda tutto ciò scaturire da un mattino bucolico e per il resto completamente muto. È piccolo, sporco, con la barba lunga. Si muove con impacciata ferocia tra la paglia secca, in mezzo alla polvere e alle strisce di luce. Sangue di sassoni e di celti nelle sue vene. Nient'altro che un figlio di Dio come voi, forse".Come ho scritto tante volte, ci sono dei libri a cui mi affeziono subito…mi basta leggere pochissime parole per innamorarmene letteralmente.
Dei colpi di fulmine, brevi e intensi, nati con la certezza che almeno loro non mi tradiranno mai, che almeno loro mi ameranno, che almeno da loro sarò ricambiata…
I libri non ti tradiscono mai, ti regalano emozioni, sensazioni, calore, senza chiederti nulla in cambio, se non un pochino d’attenzione e di rispetto per loro.
“La strada” di Cormac McCarthy è stato uno dei miei tanti colpi di fulmine, un incontro casuale trasformatosi in un viaggio nel dolore, in uniche e immense sensazioni, in lacrime, tante lacrime, in sorrisi appena accennati.
Ora questo fulmineo amore è rinato, in modo meno traumatico e travolgente, ma allo stesso tempo bellissimo.
Un altro doloroso viaggi assieme alla dura e travagliata esistenza dei suoi protagonisti.
Lester, il protagonista principale del romanzo, è uno sbandato, vittima di un mondo folle, disperato, totalmente a pezzi, proprio come ilo nostro.
McCarthy ci racconta la sua follia, ma anche la sua disperazione e solitudine, la sua vita relegata ai margini della società.
Ancora una volta Cormac ci racconta la disperazione, ci racconta il silenzio di queste persone, un silenzio che diventa, con il passare del tempo, un fragore quasi insopportabile.
Un uomo senza volto Lester, con un cappello in testa, una figura che si staglia nettamente in un mondo prettamente te ferito dal male.
Un carattere forte e invadente il suo, che ti colpisce per la sua solitudine, per la sua immensa e disperata solitudine, per la sua disperata richiesta di amore e di attenzione…nient’altro che un figlio di Dio, come lo siamo tutti quanti noi, come ci ricorda McCarthy con questa bellissima frase all’inizio del romanzo:
“Sulla porta del granaio un uomo guarda tutto ciò scaturire da un mattino bucolico e per il resto completamente muto. È piccolo, sporco, con la barba lunga. Si muove con impacciata ferocia tra la paglia secca, in mezzo alla polvere e alle strisce di luce. Sangue di sassoni e di celti nelle sue vene. Nient'altro che un figlio di Dio come voi, forse"…non si deve giudicare Ballard, finiremmo solo così a giudicare noi stessi.
E se ne “La strada” alla fine c’era un piccolo barlume di speranza, qui non ci possiamo aggrappare neanche a quella, la vita di un uomo, un disadattato che è costretto a trasformarsi in serial-killer per istinto di sopravvivenza è una storia senza speranza, senza luce.
In tutto questo vedo il dolore di McCarthy, un dolore nascosto dal silenzio, dalla solitudine, un uomo solo, completamente solo, un figlio di Dio, come noi.
Sono disperate le storie di McCarthy, fanno sempre molto male, ma in ogni suo personaggio è nascosta una parte di noi, basta solo saperla trovare.
Fanno male i suoi libri, tanto male, ma vanno letti, assolutamente.
"La gente si preparava sempre al domani. A me sembrava assurdo. Il domani non si stava certo preparando per loro. Non sapeva neppure che esistessero"
"Quando ce ne saremo andati tutti qui resterà solo la morte, e anche lei avrà i giorni contati"
Voto: 8.5