THE BURNING, Tony Maylam

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ilgiornodeglizombi
view post Posted on 5/3/2013, 21:39




"The burning" (USA/Canada, 1981) di Tony Maylam
Brian Matthews, Leah Ayres, Brian Backer, Larry Joshua

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“Right now, he’s out there. Watching, waiting. Don’t look; he’ll see you. Don’t move; he’ll hear you. Don’t breathe; you’re dead!”

Eccomi a parlare di "The Burning", misconosciuto gioiellino dello slasher inedito in Italia. Uno slasher dunque, che, con tutti i suoi limiti, è forse il sottogenere horror più immediatamente riconoscibile, l’unico che abbia delle regole molto precise, quello su cui non ci si può sbagliare se si viene presi dai raptus di voler sparare definizioni e categorie a tutti costi. E com’è semplice, com’è schematico, come rifugge da qualsiasi complicazione e ti chiede soltanto di sederti, metterti comodo e goderti la mattanza. Forse..

No, state tranquilli, i sottotesti li eliminiamo a priori, parliamo di "The Burning", un clone di "Venerdì 13", un film girato con l’unico scopo di sfruttare il successo del (poco) illustre predecessore ricalcandone l’ambientazione e prelevando dal set di Crystal Lake il buon Tom Savini, incaricato di colorare di rosso Camp Stonewater e i suoi allegri ospiti in piena tempesta ormonale. La neonata Miramax e i giovani fratelli Weinstein mettono a disposizione del regista Tony Maylam, al suo secondo film, un milione e mezzo di dollari di budget e una sceneggiatura scritta da Bob Weinstein in persona, mentre ad Harvey è attribuita l’idea di fondo del film: la vendetta del custode di un campeggio, sfigurato dal fuoco dopo uno scherzo finito malissimo, ai danni di un gruppo di giovani in gita sul lago. Operazione commerciale fatta e finita, quindi, nessuna ambizione e nessuna velleità. Eppure non è tutto qui.

Di solito, in uno slasher, siamo tutti abituati a intuire con ore di anticipo gli sviluppi, sappiamo chi morirà e chi sopravviverà, c’è sempre una final girl il cui ruolo si comprende sin dai primi minuti e, intorno a lei, un piccolo gruppo di personaggi che corrispondono a stereotipi precisi: il bullo, lo sfigato, quello sportivo, la ragazza disinvolta di turno, il bello che o schiatta salvando la "final girl", oppure uccide il mostro per lei e alla fine tutti insieme a festeggiare con un’orzata. Non è che "The Burning" rifugga da questo tipo di cliché, ma li sfrutta in maniera molto originale, confondendo le acque e depistando lo spettatore. Per prima cosa, "The Burning" è un film profondamente corale che preferisce concentrarsi sul gruppo e le sue dinamiche interne, piuttosto che prelevare dal mucchio due o tre personaggi e lasciare gli altri sullo sfondo, con la semplice funzione di riempire il campo. Non esiste un protagonista in "The Burning", e anzi, Maylam e Weinstein ci illudono che sia prima uno, poi l’altro, poi un altro ancora, fino a quando non capiamo che al centro della scena c’è, appunto, il coro, gestito così bene da sembrare uno spaccato fedele di un’adolescenza fatta di desideri sessuali repressi, emarginazione sociale, goffi tentativi di socializzare, e tenere storie d’amore che nascono dove non te lo aspetti e tra personaggi a cui non avresti dato una lira. Trovare queste sfumature in un prodotto che si basa sul solito meccanismo ammazza, nascondi il corpo, fai fuori il prossimo, è cosa abbastanza rara, persino nel decennio d’oro degli anni ’80. Individualmente, i ragazzini che si aggirano per il campeggio in "The Burning", non sono niente di speciale, è il loro ritratto di gruppo che risulta differente, accurato, veritiero.

In questo modo, anche la successione delle morti diventa inaspettata, perché non è scontato che la ragazza che rifiuta il rapporto sessuale si salvi e il bullo non è per forza un insopportabile zotico che vogliamo solo veder morire male e con più dispendio di sangue e frattaglie possibile. E lo sfigato non è solo la vittima innocente delle angherie dei ragazzi più grandi e il bersaglio delle prese in giro delle fanciulle, è anche un guardone, ma non con le caratteristiche pseudo comiche che potrebbe avere un simile personaggio in uno slasher attuale. E’ un carattere che puzza di disperazione e solitudine. E credetemi, quando uno qualunque di loro (chi sopravvive e chi no, dovete scoprirlo da soli) cade sotto le forbici da giardino dell’Uomo Nero di turno, dispiace. Dispiace anche se l’Uomo Nero di turno ha ragione e la sua vendetta è sacrosanta.
Maylam ha anche il coraggio (coadiuvato da Savini) di andare molto più a fondo nella rappresentazione del sesso e della violenza rispetto a quanto fatto da Sean S. Cunningham solo un anno prima. Creando una sorta di canone per gli slasher successivi, "The Burning" dispensa nudità senza pudore, descrive con un pizzico di ironia i tentativi maldestri di sesso tra adolescenti scegliendo però un realismo che oggi costerebbe a un film analogo la qualifica di pornografico e l’indignazione di qualche mamma troppo zelante, non si vergogna di mostrare quanto possa essere brutale la reazione a un rifiuto e, in tutto questo, non assume quell’atteggiamento punitivo e reazionario che spesso è un vero e proprio marchio di fabbrica per ogni slasher che si rispetti.

Questo capoverso contiene Spoiler
Gli omicidi sono crudi, furiosi e spietati. La famosa (e infame) scena della zattera, una strage così repentina che ha l’effetto shock di uno schiaffo in faccia, è rimasta giustamente nella storia. Savini si sbizzarrisce nel realizzare ferite e mutilazioni, mentre le forbici del killer squarciano gole e tagliano dita con una cattiveria selvaggia, priva della seppur minima traccia di umorismo che possa alleggerire in qualche modo la visione. E avviene in pieno giorno, sotto la luce accecante del sole estivo, sulla calma limpida e sonnacchiosa di un lago. Un massacro che accade in un secondo, nasce tra le risate e gli scherzi, e si chiude con una dissolvenza in rosso e con una goccia di sangue che dal braccio inerte del cadavere di una giovane donna, scivola nell’acqua. Senza musica, solo urla, rumore di legno infilzato dalle lame delle forbici, pelle strappata e cinguettio di uccellini. E chi le gira più cose del genere?
Fine Spoiler

Il make up con ustioni dell’assassino è impressionante ancora oggi, soprattutto se si considera che Savini ebbe solo tre giorni di tempo per idearlo e realizzarlo, ed è visibile solo negli ultimi minuti del film, durante l’inseguimento finale in una miniera abbandonata, in cui Maylam dimostra anche di saperci fare con la macchina da presa, infilandola nei pertugi più impensabili e imbastendo degli affascinanti e morbidi carrelli che seguono i superstiti lungo le gallerie della miniera. In più di un’ora e mezza di minutaggio, sono riscontrabili un solo sbalzo di volume e una sola apparizione improvvisa, tanto per sottolineare, a rischio di risultare ormai pedante, quanto fosse diverso lo stile negli horror dei bei tempi che furono e quanto sia più efficace far emergere lentamente un coltello dal buio, piuttosto che sparare una vagonata di decibel nelle nostre povere orecchie, come unico espediente in grado di veicolare un riflesso condizionato che assomiglia vagamente alla paura.

Una colonna sonora molto particolare e intensa, sopra la media del genere, firmata da Rick Wakeman, e un cast di attori poco conosciuti piuttosto in gamba completano il quadro di uno slasher che meriterebbe un’attenzione maggiore e che paga lo scotto di essere arrivato con un anno di ritardo rispetto a "Venerdì 13". Peccato che "The Burning" superi il suo modello di almeno dieci lunghezze, dalla genesi dell’ assassino, alla gestione di spazi e tempi, alla resa grafica degli omicidi. Un piccolo classico che, a suo modo, ha segnato un’epoca e un modo di fare cinema.

VOTO 7

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view post Posted on 6/3/2013, 19:17
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Sapiente Malizioso
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Recensione molto bella e utile per chi volesse scoprire qualcosa che non è popolare da noi (il mulo che attreversa il torrente impetuoso potrebbe consentire di averlo facilmente). Tornerò dopo una visione per un commento vero e proprio :)
 
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