Le intermittenze della morte, Josè Saramago

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view post Posted on 16/10/2015, 15:58
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Lascia ch'io pianga, mia cruda sorte, e che sospiri la libertà
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Autore: Josè Saramago
Data di edizione: 2005
Genere: Surreale



Se un giorno ci svegliassimo e la morte non esistesse più? “Basta, sono stanca, faccio sciopero!” dice la Morte adirata. Ed ecco che all’improvviso non si muore più, con summo gaudio di ogni essere vivente.
E’ quello che accade in una non definita città dove, allo scoccare dell’ultimo di un anno qualsiasi, la Morte decide di non dare più i suoi “servigi”.
Ovviamente la maggior parte degli esseri viventi sono al settimo cielo, niente più paura per il tempo che passa, niente più paura di non avere tempo sufficiente per fare tutto ciò che si desidera, niente timore che la morte ci possa cogliere all’improvviso, solo vita e basta.
C’è anche chi è scontento, come gli impresari di pompe funebri che si ritrovano in un attimo senza lavoro, come gli assicuratori, come i proprietari delle case di riposo e, soprattutto, come la Chiesa, dato che senza morte non c’è nemmeno resurrezione e di conseguenza la Chiesa stessa non ha senso di esistere.
La Morte però è bastarda e dopo sei mesi eccola ricomparire e riprendere il suo operato Nelle case degli uomini sereni e felici, liberati per sempre dall’incubo di dover morire giungono delle lettere di color viola contenenti una missiva che annuncia loro che la signora con la falce è tornata e chiede il suo tributo.
La storia va avanti fino a quando la temuta lettera non viene rispedita per ben tre volte al mittente. L’indirizzo appartiene a un giovane violoncellista.
Quale infamia questa! Chi è costui che osa sfidare la Morte? Non c’è altro da fare che scoprirlo. Bella incavolata, la Morte decide di trasformarsi in una donna bellissima, seducente e ammaliante e di farsi un giro tra gli esseri viventi, alla ricerca di quest’incosciente che ha osato sfidarla.
Leggere Josè Saramago è sempre un’avventura. E’ uno scrittore difficile da affrontare per il suo stile senza punteggiature, prodigo di periodi molto lunghi e articolati(la prima volta che lessi qualcosa di suo, “Cecità” nello specifico, ne sono rimasta quasi scioccata, mi sono detta “Oddio, ecco un altro James Joyce!”), ma quando ti ci abitui ecco che si apre davanti a te un mondo fantastico fatto di emozioni, di sensazioni uniche e quasi indescrivibili.
In questo suo romanzo Saramago immagina con ironia un mondo dove non muore più nessuno, immagina quale sarebbero i risvolti politici, religiosi, sociali economici(pensate un po’ quante pensioni d’oro elargite in eterno! Altro che governo in fallimento!), non lesinando critiche al mondo politico e a quello religioso e soprattutto ci mostra come l’umanità, una volta divenuta immortale, si riveli in tutti i propri limiti.
Ma c’è anche un’altra importante considerazione che scaturisce da questo romanzo: alla fine tutti quanti noi abbiamo bisogno della morte, così come abbiamo bisogno della vita.
Un libro caustico e cinico quanto basta, con un “happy end” finale che fa un po’ da contrasto a tutta la storia, ma che a me è piaciuto molto.
Concludo citando un brano del libro che ho letto e riletto più volte:
"Voi, gli esseri umani, conoscete solo questa piccola morte quotidiana che sono io, questa che persino nei peggiori disastri è incapace di impedire che la vita continui, un giorno verrete a sapere che cos'è la Morte con la lettera maiuscola, e in quel momento, se lei, improbabilmente, ve ne desse il tempo, capireste la differenza reale che c'è fra il relativo e l'assoluto, fra il pieno e il vuoto, fra l'essere ancora e il non essere più."
Consigliatissimo.

Voto: 8
 
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