| La mia passione per Haruki Murakami si sta ormai con il tempo consolidando sempre più…settimana dopo settimana, giorno dopo giorno ho sempre più voglia di leggere qualcosa di suo. Posso dire di essermi innamorata di lui, del suo stile di scrittura così triste, melanconico, onirico, che, per predisposizione caratteriale, sento mio. Le sue descrizioni mi affascinano, mi trasportano in un mondo lontano, purtroppo in questo momento devastato da un cataclisma naturale, in un posto totalmente diverso dove sto vivendo questa mia misera esistenza e nel quale desidererei vivere più di ogni altra cosa. La storia di questo suo bel libro è molto semplice, il classico triangolo d’amore, se così lo si può definire. Lui, un ragazzo senza nome, è innamorato follemente di una sua coetanea, Sumire, una ragazza delicata e sensibile, cresciuta con il mito di Kerouac. Sumire però non ricambia questo sentimento, gli vuole bene, lo stima, nutre un profondo affetto per lui, ma non lo ama, non ci riesce perché è innamorata di un’altra donna, Muy, una splendida e matura donna di origine coreane. Anche lei è attratta da Sumire, ma non riesce a concedersi a lei, anche se lo vorrebbe sopra ogni altra cosa, non può farlo perché dentro di lei è nascosto un segreto, un avvenimento misterioso del suo passato che le impedisce di amare, di essere parte integrante del mondo. Murakami ha un dono: ha la capacità innata di essere profondo con semplicità, senza mai risultare banale agli occhi di chi lo legge. In questo libro ci descrive una delicata storia d’amore saffica tra due donne completamente diverse tra loro, da una parte la dolce, sensibile, fragile Sumire, sempre alla ricerca di sé stessa e di qualcuno che l’ami, che la protegga, che la faccia sentire sicura, dall’altra la matura Sumire, una donna forte indipendente, ma con un segreto che pesa sulla sua anima come un macigno, con una dolcezza, una raffinatezza e un eleganza di cui solo un orientale può essere capace. Ci sono molti punti che mi hanno colpita al cuore, molte frasi che mi hanno fatta riflettere molto, come il concetto di solitudine che Murakami esprime spesso durante la narrazione, solitudine e senso di malinconia che porto dentro di me fin da quando sono venuta al mondo, una solitudine che accompagna i tre protagonisti Sumire, incapace di aprirsi al mondo, di affrontare la vita con coraggio, di lasciarsi andare alle gioie della vita, la solitudine, Myu, incapace di amare, di provare emozioni, di essere donna, il ragazzo senza nome, incapace di avvicinarsi realmente alle persone, ma di guardarle solo in superficie. Per Murakami siamo solo dei satelliti, destinati per tutta la vita a fare dei percorsi solitari, senza legarci mai a nessuno, senza incontrare il nostro cammino con altri, senza mai sfiorarci, toccarci, avvicinarci, se non solo per un effimero momento. E ha ragione, purtroppo, perché alla fine si può contare solo su se stessi. Dobbiamo essere forti, possiamo esserlo, ma da soli.
Voto: 7
|