Sette note in nero(Italia 1977) di Lucio Fulci con Jennifer O'Neill, Gianni Garko, Gabriele Ferzetti, Marc Porel, Jenny Tamburi.
Il miglior FulciViriginia è una donna affascinante, sposata con un ricco toscano, Andrea Ducci.
La vediamo guidare, una mattina: strada, galleria, strada, galleria, alternanza di bianco e nero, e proprio in una galleria, ha una "visione", alcuni particolari apparentemente slegati tra di loro: un uomo zoppicante, una luce rossa, una sigaretta accesa, uno specchio rotto, la luce di un taxi, una rivista con in copertina una giovane donna, un'anziana donna assassinata, un'altra donna murata viva, un armadio, due statue, una lettera su un comodino...
Virginia ne parla al marito che, naturalmente, le presta poca attenzione, pensando che si tratti di semplice stress e quindi è costretta a cercare l'aiuto di un suo amico parapsicologo, Luca Fattori, con la quale fu in passato fidanzata.
Dopo alcune ricerche, cercando di ricostruire il "mosaico" disordinato del sogno, la donna riesce a ritrovare il cadavere di Agnese Bignardi, giovane ragazza scomparsa nel 1972 e murata viva in un casale…la visione che ha avuto era dunque vera.
Tutto quadra? No perchè alcuni particolari del sogno non combaciano con la realtà…alcuni mosaici della visione sembrano essere diversi.
Perchè? Sarà proprio Luca a scoprire che la visione di Virginia...
Uno dei migliori thriller-soprannaturali mai diretti nel nostro paese.
Un film che si rifà al giallo classico, al cosiddetto intreccio rompicapo...Fulci per la prima volta attinge a piene mani al cinema nostrano, ad Argento su tutti e ne tira fuori un giallo psicologico a forti tinte e dalla profonda suspense.
Molti i tributi che Sette Note in Nero deve al capolavoro argentiano, “Profondo Rosso”, a partire dal tipo di narrazione, ai colori degli interni, fino ad arrivare al citazionismo pure( le picconate al muro e il cadavere murato omaggiano la sequenza da brivido nella villa del bambino urlante, arcinota a tutti gli amanti del genere e non solo).
Comunque non si deve assolutamente pensare a una banale scopiazzatura, questo intenso thriller di Fulci brilla assolutamente di luce propria, con trama avvincente impreziosita da sequenze mozzafiato e un finale perfettamente congegnato.
E il tutto senza grandi spargimenti di sangue(da notare l’incipit del film, in cui Fulci filma il corpo della madre di Virginia, in caduta da una rupe altissima, fracassarsi all’altezza della testa con un fuggevole, quanto oggi risibile effetto splatter).
E poi non mancano assolutamente le ossessioni visive(emblema delle quali è la suggestiva sequenza della visione premonitrice).
Jennifer O’Neill, successivamente con Cronenberg in “Scanners”, ci regala un’ottima performance, talmente convincente agli occhi del regista che è quasi ossessiva la sua ricerca del primo piano, soprattutto nel dettaglio dello sguardo, filmato insistentemente attraverso primi piani improvvisi atti a cercare l’angoscia persistente della donna(emblematiche, a questo proposito, le sequenze del primo ingresso della donna nella camera apparsale nella visione).
A contribuire alla creazione della perfetta atmosfera thriller vi è l’azzeccato motivo sonoro, quello del carillon che si attiva nel momento clou, che inquieta dolcemente e ipnoticamente e che rimanda alle nenie infantili (anche qui il più noto è sempre argentiano: ancora una volta Profondo Rosso, con la terrificante Lullaby).
Il motivo in questione è oramai famoso in tutto il mondo grazie a Quentin Tarantino, amante dichiarato del cinema fulciano, il quale lo ha inserito in uno dei momenti cruciali di Kill Bill vol.1.
Il film più rappresentativo del cinema di Fulci, nel quale la fanno da padrone le sue tematiche più importanti, quelle a cui era maggiormente legato, il tempo, l’inconscio e la metà oscura dell’infanzia.
Un capolavoro nel suo genere.
Voto: 8.5